La scarsa predisposizione al riconoscimento dei volti come indicatore precoce di autismo
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La predisposizione degli esseri umani al riconoscimento dei volti
Come altre specie, gli esseri umani sono degli animali altamente sociali e in quanto tali posseggono una serie di competenze di base per potersi districare nella complessa rete delle interazioni e dei rapporti sociali. Tra i numerosi input visivi che riceviamo ogni momento, il volto umano è forse uno dei più salienti, sia per l’importanza dei molti segnali che trasmette (come ad esempio, l’emozione, il genere, l’identità’, l’intenzione ecc.), sia per la velocità e la facilità con cui elaboriamo queste informazioni. A livello ontogentico, una predisposizione comportamentale verso i volti è già presente in epoca molto precoce: i neonati mostrano infatti, entro un’ora dalla nascita, una spiccata preferenza per i volti orientati in maniera canonica, anche quando sono presentati loro sotto forma di schemi geometrici, rispetto ad altre tipologie di stimolo. Questa preferenza iniziale, osservata sia per le configurazioni schematiche simili al volto sia per le facce reali, potrebbe essere già presente durante il terzo trimestre di gravidanza, ed è condivisa con altre specie animali come i pulcini e i macachi (Di Giorgio et al., 2017). L’ orientamento preferenziale per i volti potrebbe avere delle chiare funzioni di tipo evolutivo, permettendo alle persone, già in tenera età di muoversi all’interno del sistema sociale e partecipare in maniera reciproca agli scambi durante le interazioni.
I correlati neurali del riconoscimento facciale
Nel cervello dell’uomo adulto, le abilità di elaborazione e riconoscimento del volto umano sono associate ad una rete di circuiti corticali localizzati principalmente nella corteccia occipitotemporale ventrolaterale dell’emisfero destro (Kanwisher et al., 1997; Haxby et al., 2000).
Studi che hanno sfruttato strumenti di risonanza magnatica funzionale fMRI e EEG in neonati dai 2 ai 6 mesi, analizzando e confrontando i potenziali evocati derivati dalla visione di volti orientati canonicamente contro volti con configurazione invertita, hanno messo in luce come la visione del volto orientato in maniera canonica produca una chiara risposta nella porzione occipitotemporale di destra (de Heering & Rossion , 2015), compatibilmente con quanto studiato nell’ adulto.
È ancora in atto un considerevole dibattito sul fatto che l’elaborazione del volto sia un processo percettivo organizzato e come tale presente sin dalla nascita, o, se al contrario tale specializzazione emerga solo più tardi in funzione dell’esperienza e della maturazione.
Nel modello di preferenza facciale dello sviluppo tipico di Morton & Johnson (1991), si propone uno sviluppo a forma di U, dove alla nascita la preferenza del volto è presente e guidata da un meccanismo di orientamento subcorticale automatico e riflessivo, mentre intorno ai due mesi avviene uno spostamento neurale dal controllo sottocorticale ad uno corticale dipendente dall’esperienza o dall’apprendimento.
Riconoscimento dei volti nel disturbo dello spettro autistico
Nel disturbo dello spettro autistico, l’alterata elaborazione degli stimoli sociali, come il riconoscimento e la preferenza per i volti, è stata associata a menomazioni nel funzionamento del cosiddetto “cervello sociale”, ossia una rete di aree corticali principalmente dedicate allo sviluppo di stimoli sociali (Volkmar et al., 2011). Allo stato attuale, ancora non è chiara l’origine dello sviluppo di queste anomalie. Secondo un’ipotesi recente (Johnson et al., 2014), lo sviluppo inusuale del cervello sociale nelle persone con autismo, può essere dovuto ad un’alterazione o ad un ritardo nell’attivazione precoce dei meccanismi di orientamento innato di tipo sottocorticale. Nello sviluppo tipico, questi meccanismi infatti predispongono i neonati verso l’orientamento di stimoli visivi sociali e guidano simultaneamente la successiva specializzazione dei circuiti corticali più maturi dedicati a rilevare ed elaborare gli stimoli sociali.
Uno studio recente
Uno studio pubblicato nel 2016 da Di Giorgio e colleghi, ha analizzato la predisposizione innata, da parte dei neonati ad alto rischio familiare di disturbo dello spettro autistico (cioè che hanno un fratello maggiore diagnosticato con autismo) ad orientarsi verso diverse classi di stimolo sociale e non sociale, al fine di testare l’ipotesi di un’alterazione dei meccanismi di orientamento innato di tipo sottocorticale.
Lo studio ha coinvolto 17 neonati ad alto rischio di autismo e 17 neonati a basso rischio di autismo, la cui età postnatale variava dal 6 ° al 10 ° giorno di vita. I neonati sono stati esposti a 4 tipologie di stimolo:
- Modello del viso orientato vs modello del viso invertito (dei quadratini neri collocati nella posizione appropriata per gli occhi e la bocca nel modello a facciale orientato in maniera simile ad uno volto umano, mentre sono stati ruotati di 180 ° sull’asse verticale nel modello facciale invertito).
- Sguardo diretto vs sguardo indiretto (immagini colorate di volti femminili reali che dirigevano il loro sguardo dritto sull’osservatore (sguardo diretto) o distolto da un lato (sguardo indiretto).
- Movimento casuale vs movimento di tipo biologico (lo stimolo di movimento biologico consisteva in uno schema di quadrati neri su sfondo bianco che rappresentavano una gallina in movimento, mentre lo schema casuale consisteva in uno spostamento casuale dei quadrati).
- Moto rigido vs pattern di movimento biologico (il modello di movimento rigido non biologico è stato creato ruotando il primo fotogramma dell’animazione della gallina attorno al suo asse verticale).
I risultati mostrano come l’attenzione alle due tipologie di stimolo, sociale e non sociale, differisca tra i neonati ad alto e basso rischio di autismo. La differenza principale è dovuta al fatto che i neonati ad alto rischio, rispetto a quelli a basso rischio, erano più interessati a prestare attenzione, sia in termini di percentuale di preferenza visiva, sia in termini di numero di fissazioni, al modello invertito del volto e allo stimolo del movimento casuale. Dai risultati sembra dunque che nei neonati ad alto rischio di autismo, sia presente una menomazione precoce dei meccanismi di orientamento innati dedicati all’attenzione visiva verso gli stimoli sociali.
Conclusioni
I risultati dello studio hanno mostrato come i neonati con familiarità (alto rischio genetico) di autismo si orientino meno verso i volti rispetto ai neonati non a rischio. Potrebbe essere plausibile considerare l’attenzione visiva agli stimoli sociali e non sociali come un possibile indicatore molto precoce della presenza di sintomi di disturbo dello spettro autistico. Questo risultato riveste una grande importanza, alla luce del fatto che è di fondamentale importanza iniziare il monitoraggio dei bambini a rischio di autismo nelle prime fasi della vita al fine di promuovere lo screening precoce, la diagnosi e l’intervento in un momento in cui il sistema neurale in via di sviluppo risulta più plastico.
Riferimenti
- De Heering A, Rossion B (2015) Rapid categorization of natural face images in the infant right hemisphere. eLife 4:e06564.
- Di Giorgio E, Buiatti M, Piazza M, Polloni C, Menna G, Taddei F, Baldo E, Vallortigara G. (2019) Cortical route for facelike pattern processing in human newborns. Proceedings of the National academy of sciences. 116 (10) 4625-4630.
- Di Giorgio E, et al.; NIDA-Network (2016) Difference in visual social predispositions between newborns at low- and high-risk for autism. Sci Rep 6:26395
- Haxby JV, Hoffman EA, Gobbini MI (2000) The distributed human neural system for face perception. Trends Cogn Sci 4:223–233.
- Johnson, M. H. Autism: demise of the innate social orienting hypothesis. Biol. 24, R30–R31, doi: 10.1016/j.cub.2013.11.021 (2014).
- Kanwisher N, McDermott J, Chun MM (1997) The fusiform face area: A module in human extrastriate cortex specialized for face perception. J Neurosci 17:4302–4311. 3.
- Morton, J. & Johnson, M. H. CONSPEC and CONLERN: a two-process theory of infant face recognition. Rev. 98, 164–181, doi: 10.1037/0033-295X.98.2.164 (1991).
- Volkmar, F. R. Understanding the social brain in autism. Psychobiol. 53, 428–434, doi: 10.1002/dev.20556 (2011)