Riscrittura immaginativa e EMDR a confronto: egualmente efficaci nel trattamento del trauma
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Nel campo della psicoterapia, la ricerca del trattamento gold standard per una categoria psicopatologica complessa come il trauma è ancora oggi materia di dibattito. Ma piuttosto che cercare di accaparrarsi il premio “miglior terapia dell’anno per il disturbo X” dimostrando che il proprio approccio sia efficacissimo, trovo intellettualmente più “modesto” ed interessante, oltre che scientificamente corretto, oserei dire, confrontare il proprio metodo con quello di chi non la pensa allo stesso modo, ovvero che ritiene che il miglior trattamento sia il proprio. Devo ammettere che cade proprio a pennello la ricerca che sto per presentare.
Il British Journal (di certo non un giornale qualunque), nel mese di settembre 2020, quindi pochissimo tempo fa, pubblica un interessante lavoro che mette a confronto l’efficacia di due trattamenti focalizzati sul trauma in età infantile: la riscrittura immaginativa (imagery rescripting, ImRs) e l’EMDR.
Qualche doverosa premessa: l’esposizione alle memorie traumatiche è stata ormai unanimemente identificata come componente essenziale di qualsiasi trattamento del PTSD.
La riscrittura immaginativa fa sì che il paziente immagini finali differenti relativi alle esperienze traumatiche, puntando l’attenzione in modo particolare sul riconoscimento dei bisogni insoddisfatti. Il processo di riscrittura aiuta a modificare il significato attribuito al ricordo traumatico.
L’EMDR, utilizza la stimolazione bilaterale (tramite movimenti oculari o tapping) per facilitare la rielaborazione delle esperienze traumatiche. Riduce la sofferenza e la vividezza associate alle memorie traumatiche.
La letteratura suggerisce l’efficacia di entrambe le tecniche, ma non sono mai state messe a confronto in un unico studio.
Lo studio è internazionale, multicentrico (Australia, Germania, Olanda), randomizzato. Roba seria, insomma. I soggetti coinvolti (155) nella sperimentazione sono adulti che hanno vissuto esperienze traumatiche nell’infanzia (prima dei 16 anni). Ognuno di loro si è sottoposto a 12 sedute di 90 minuti a cadenza bisettimanale di EDMR o ImRs, a seconda del gruppo nel quale erano stati inseriti (random).
Tirando le somme, nessuna differenza significativa è emersa tra i due trattamenti in termini di riduzione dei sintomi, in nessuna delle misurazioni post-trattamento e di follow-up. Sia EMDR che ImRs hanno comportato una riduzione dei sintomi connessi al PTSD come depressione, dissociazione, vergogna e colpa. Anche il tasso di drop-out risulta basso per entrambi i trattamenti, a supporto dell’evidenza sempre più crescente secondo la quale l’elaborazione del trauma possa avvenire sin dall’inizio della terapia.
Tra i limiti dello studio la mancanza di un gruppo di controllo, anche con altri trattamenti a confronto. Tuttavia, il fatto che non ci siano stati cambiamenti significativi durante il periodo in lista di attesa rende improbabile che i miglioramenti osservati siano dovuti a fattori non specifici, come il tempo.
Lo studio ha coinvolto una grande percentuale di partecipanti di sesso femminile, anche se questo dato è in realtà coerente con altri studi in cui la maggior parte dei partecipanti era di sesso femminile. Il processo di randomizzazione a blocchi ha cercato di bilanciare il genere tra le due condizioni e gli autori affermano che sia improbabile che ciò abbia un effetto significativo.
Il design rigoroso di questo studio controllato randomizzato, utilizzando un ampio campione internazionale, reclutando partecipanti da diversi centri di salute mentale e prevedendo un periodo di follow-up a lungo termine, fornisce prove dell’efficacia di questi trattamenti e aumenta la generalizzabilità dei risultati.
Riferimenti: