Ministra Fedeli. Sì allo smartphone in classe. Quali le conseguenze
Nei mesi scorsi un gruppo di lavoro nominato dal Ministero dell’Istruzione ha lavorato sul decalogo per l’uso dei dispositivi mobili nelle scuole che la ministra Valeria Fedeli ha recentemente approvato. Smartphone e tablet, infatti, sono diventati parte integrante della nostra vita e l’opinione del Ministero sembra dunque essere quella non di vietarne l’uso bensì di integrarlo nelle attività scolastiche ma seguendo un piano di regole.
Il decalogo recita, infatti, che ogni scuola deve dotarsi di un regolamento che tutti devono seguire e che gli insegnanti sono coloro che, all’interno di questo regolamento, decideranno se, quando e come lasciare utilizzare gli smartphone agli studenti. In ogni caso, l’uso privato è vietato ed è necessario disabilitare le notifiche e la propria connessione: infatti, l’unica modalità consentita sarà quella di connessione al wi-fi della scuola. E’ dunque chiaro che il solo uso possibile è all’interno della didattica, quindi funzionale all’apprendimento.
Oltre a disciplinare l’utilizzo pratico dello smartphone in classe, è necessario anche istruire gli alunni all’educazione civica digitale su argomenti quali fake news, riconoscimento, prevenzione e contrasto del cyberbullismo, etica e consapevolezza nell’uso del potente mezzo che hanno a disposizione, sviluppo della creatività per non diventare passivi utilizzatori di app costruite da altri.
Molte obiezioni si sono sollevate sull’uso degli smartphone in classe. Secondo Adolfo Scotto di Luzio, professore di Storia della Pedagogia dell’Università di Bergamo, deriverebbero problemi “da questa necessità assurda di digitalizzazione […] che non ha alcuna valenza educativa ma serve soltanto a restituire agli studenti le loro differenze sociali, distrarli e mancare di rispetto agli insegnanti. Sicuramente la scuola oggi non ha bisogno di studenti insolenti e distratti”. A queste osservazioni, la ministra Fedeli ribatte che è anche responsabilità della scuola quella di accompagnare ed educare i ragazzi alla nuova alfabetizzazione digitale. Come a dire: uscendo di scuola, i ragazzi avranno comunque in mano uno smartphone, sarebbe quindi meglio indicare loro come usarlo.
Qual è la situazione in altre nazioni circa lo smartphone in classe? In Francia partirà a settembre il divieto di uso dei cellulari a scuola; in Gran Bretagna non ci sono disposizioni in merito e gli insegnanti sembrano divisi sul da farsi; in Germania, invece, il programma di digitalizzazione della scuola sembrerebbe passare attraverso gli smartphone già in possesso degli studenti, mentre alcuni fanno notare, come il prof. Di Luzio, che ciò potrebbe significare rimarcare differenze sociali per chi uno smartphone non lo possiede.
Ma l’uso dello smartphone provoca danni fisici e, in particolare, cerebrali? In realtà nessuna ricerca ha stabilito con certezza che vi sia una relazione causale tra l’uso dello smartphone e tumori al cervello. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha comunque sconsigliato l’uso eccessivo dello smartphone (per più di un’ora al giorno per 10 anni consecutivi) per evitare il rischio di formazione di neoplasie: gli strumenti elettronici emettono comunque radiofrequenze che potrebbero avere effetti diversi a seconda delle caratteristiche personali. Per questo è preferibile fare chiamate con l’auricolare. Sebbene allontanando lo smartphone dal cervello i suoi effetti si riducono fino ad azzerarsi, non vi sono abbastanza studi a proposito degli effetti sui cervelli in via di sviluppo.
Un problema evidenziato dagli ottici è, invece, quello della luce blu violetta che gli schermi dei dispositivi elettronici emettono: le prove di laboratorio affermano che questa luce potrebbe danneggiare il fondo dell’occhio nell’uso prolungato e portare a degenerazione maculare, una delle cause principali di cecità. Quando controlliamo email e social media, tendiamo a portare lo schermo più vicino agli occhi di quanto facciamo normalmente con altri oggetti e sbattiamo le palpebre meno di frequente del normale.
La luce blu, inoltre, potrebbe creare problemi ai nostri ritmi circadiani, ovvero l’orologio biologico interno che ci aiuta, fra le altre cose, a scandire le ore di sonno da quelle di veglia. Il blu degli schermi, inclusi quelli della tv, interferisce con i meccanismi dell’addormentamento se ci esponiamo a esso nelle ore prima di andare a letto. Ecco perché esistono alcune app che, dopo il tramonto, gradualmente cambiano i colori degli schermi dalle tonalità di blu a quelle del rosso, diminuendo al contempo la luminosità.
Sembra dunque che la decisione della ministra Fedeli non sia così peregrina. Sarebbe forse impossibile separarci dagli smartphone e, da un certo punto di vista, anche sciocco, visto l’enorme potenziale che questi strumenti rappresentano. Abbiamo dunque bisogno di apprendere, il prima possibile, come utilizzarli per poterne ricavare il meglio e ridurre al minimo gli effetti negativi.
Riferimenti: