Tra ruminazione e rimuginio: lo stile di pensiero perseverativo
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Il pensiero perseverativo si riferisce ad uno stile di attività mentale che implica continuare a ragionare in modo ripetitivo su pensieri negativi siano essi ipotesi sul futuro o giudizi negativi su di sé o sugli altri. Nello specifico:
- Fissa attenzione e pensiero su contenuti negativi
- Aumenta e prolunga le emozioni negative
- Non permette la riduzione delle emozioni negative
- Può generare conseguenze esterne negative che stimolano altri pensieri o emozioni di disagio
- Impedisce l’esplorazione di possibili risposte alternative e la raccolta di nuove informazioni
Ruminazione maladattiva
È una forma ripetitiva di attenzione rivolta a sé, al fatto che si è depressi, ai propri sintomi e alle loro cause, significati e conseguenze, caratterizzata da ricorrenza e persistenza (Nolen-Hoeksema, 1999). Ciò che distingue la ruminazione da altre forme di pensiero automatico negativo, è la sua caratterizzazione come un vero e proprio stile di risposta per fronteggiare l’umore depresso. Si tratta, cioè, di una differenza individuale stabile, una caratteristica di personalità. È quindi uno stile di coping specifico basato sulle emozioni e centrato su sé stessi. La ruminazione è un processo cognitivo comune e non necessariamente patologico. Quindi, cosa la rende maladattiva e inutile?
Questi tre fattori teorici contribuiscono a rendere patologica la ruminazione (Wells & Matthews, 1994):
- Quando la ruminazione viene usata ad esempio come risposta a pensieri o emozioni negativi
- Per cosa la ruminazione viene usata ad esempio come processo prevalente di problem solving
- Se la ruminazione viene valutata negativamente (es. “Non riesco a controllare la mia ruminazione”)
Di base, gli esseri umani hanno delle credenze rispetto ad essa:
Credenze metacognitive positive
Riguardano l’utilità della ruminazione come strumento per affrontare, comprendere e trovare soluzioni ai problemi
Credenze metacognitive negative
- Sull’impossibilità di controllare la ruminazione
- Sul significato e le conseguenze dei sintomi affettivi (come segni di esaurimento nervoso, incapacità, inferiorità e vulnerabilità)
Rimuginio o worry
Il worry è una risposta disadattiva consistente in cicli di autoregolazione ripetitivi e non risolutivi (Wells, 1994). È una tipologia di pensiero cosciente che ruota intorno ad un unico tema e che si ripete in assenza di immediate richieste ambientali che lo rendano necessario (Martin & Tesser, 1996).
La preoccupazione è difficile da controllare ed è associata a sintomi somatici quali tensione muscolare, irritabilità, difficoltà legate al sonno e irrequietezza.
Il worry, ossia la preoccupazione, non è necessariamente un fenomeno patologico. È un processo utile nella misura in cui permette di mantenere alti i livelli di vigilanza verso un possibile pericolo e di attivare quei processi cognitivi coinvolti nel problem solving.
Il worry diventa patologico quando perde la sua funzione adattiva, cioè quando diventa incontrollabile, fastidioso, auto-perpetuantesi, quando interferisce con le altre attività del soggetto o ostacola la risoluzione efficace dei problemi.
Come per la ruminazione, anche rispetto al rimuginio si sviluppano delle credenze:
Credenze metacognitive positive
Riguardano l’utilità del rimuginio come strumento utile per risolvere problemi, per reagire tempestivamente a minacce, per evitare danni
Credenze metacognitive negative
Il rimuginio è visto come un processo automatico, non sottoposto al controllo volontario
Esempi di metacognizioni
- Positive
- “Rimuginare/ruminare mi aiuta a evitare problemi nel futuro”
- “Se mi preparo al peggio e se ci penso molto, posso affrontare meglio le cose”
- “Ho bisogno di ruminare/rimuginare per capire dove ho sbagliato, per potermi organizzare e risolvere i problemi”
- “Le persone che non rimuginano/ruminano sono persone superficiali”
- Negative
- “Ho paura di non riuscire a controllare i miei pensieri come vorrei”
- “Se non controllassi un pensiero minaccioso e ciò che temo dovesse accadere, mi sentirei in colpa per ciò che è avvenuto”
- “Se non riesco a fermarli, i miei pensieri si concretizzeranno
Come riuscire a considerare i pensieri e le emozioni come degli stati interni e non dei dati di realtà
Uno dei modi efficaci per restare intrappolati è il ricorso alla Detached Mindfulness, ossia uno stato di coscienza dei propri eventi interni, senza sentirsi in obbligo di valutarli, senza tentare di controllarli o di reprimerli e senza mettere in atto qualche comportamento particolare.
Questo si può fare, ad esempio, decidendo di non preoccuparsi in risposta a un pensiero intrusivo, permettendogli di occupare il proprio spazio mentale, senza intraprendere alcuna azione o dargli alcuna interpretazione ulteriore, con la consapevolezza che si tratta solo di un evento mentale.
Riferimenti
- Wells, A., & Matthews, G. (1996). Modelling cognition in emotional disorder: The S-REF model.Behaviour Research and Therapy, 34, 881-888
- Wells, A. (2005). Detached mindfulness in cognitive therapy: A metacognitive analysis and ten techniques. Journal of Rational-Emotive & Cognitive-Behavior Therapy, 23, 337-355.
- Wells, A. (1997). Cognitive therapy of anxiety disorders: A practice manual and conceptual guide. Chichester, UK: Wiley. Trad. it: Trattamento cognitivo dei disturbi d’ansia. Milano: McGraw Hill, 1999.
- Wells, A. (2007). The attention training technique: theory, effects, and a metacognitive hypothesis on auditory hallucinations. Cognitive and Behavioral Practice, 14, 134-138.
- Wells, A. (2009). Metacognitive therapy for anxiety and depression. The Guilford Press, New York. Trad. it.: Terapia metacognitiva dei disturbi d’ansia e della depressione. Eclipsi: Firenze, 2012
- Papageorgiou, C., & Wells, A. (1998). Effects of attention training on hypochondriasis: A brief case series. Psychological Medicine, 28, 193-200.
- Papageorgiou, C., & Wells, A. (2000). Treatment of recurrent major depression with attention training. Cognitive and Behavioral Practice, 7, 407-413.