Strategie di coping in periodo di isolamento
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E’ innegabile il modo in cui le epidemie di malattie infettive abbiano avuto un impatto significativo sul benessere fisico di una intera comunità. Dal 26 Marzo 202, il virus COVID-19 ha coinvolto circa 500.000 persone in 198 paesi differenti. Oltre 22.000 persone sono decedute a causa di questa nuova malattia.
Negli ultimi anni, però, oltre all’oggettiva necessità di considerare il benessere fisico, è stata riconosciuta anche l’importanza che gioca il benessere psicologico all’interno della stessa comunità. E’stato notato a questo proposito come nessuno venga risparmiato dall’avere conseguenze psicologiche di vario tipo, comprendendo anche le persone non infettate e quindi non entrate a diretto contatto con la malattia. Quali tipi di conseguenze dobbiamo valutare prima? Qual è la loro durata, anche al termine dell’epidemia? Esse variano da un territorio all’altro?
Nello studio di Chew et al., (2020) gli autori hanno cercato di definire alcune delle risposte psicologiche psicosociali sia in generale nella popolazione sia nello specifico tra i sopravvissuti ed i caregivers durante epidemie infettive passate.
Sono riusciti ad identificare temi comuni quali ansia/paura, depressione, rabbia, senso di colpa, dolore e perdita, stress post-traumatico e stigmatizzazione. Le cause sottostanti erano l’interruzione della routine quotidiana, l’incertezza futura lavorativa e finanziaria ed il processo di informazione poco trasparente rispetto alla malattia.
E’facile riconoscersi anche oggi in questi aspetti. Importante è sottolineare anche quali sono stati i cambiamenti positivi riscontrati, quali la ristrutturazione cognitiva e l’applicazione di strategie di coping. Proprio queste ultime erano incentrate sul problema, ad esempio l’autoconservazione o la conservazione dell’altro, ricreando e ricercando una reta di supporto sociale. E’risultato, infatti, ancora una volta centrale il ruolo del supporto sociale, mezzo per contrastare la paura della stigmatizzazione dei malati possibili e reali ed il senso di abbandono vissuti fortemente a qualsiasi livello culturale e sociale.
Probabilmente vengono spontanei i confronti a livello personale e generale. Cosa possiamo apprendere da questi dati passati? Sicuramente bisogna sensibilizzare e rendere consapevole la comunità, scientifica e non, di queste risposte psicosociali in modo da consentire un’identificazione precoce di chi necessita di un sostegno psicologico e in modo da dare continuità funzionale ai servizi di salute mentale, specialmente a quelli già pre-esistenti. Bisogna incoraggiare le risposte positive come le strategie di coping: ultimamente piovono consigli su attività ricreative da poter fare nei limiti di sicurezza consentiti, su come sia ottimale mantenere i luoghi di vita quotidiana ordinati e puliti, sullo svolgere attività fisica, etc. Inoltre, è possibile mantenere e curare i propri contatti e legami tramite i cellulari e la gran quantità di internet di cui disponiamo. Questo ci permette di contenere per quanto possibile il senso di isolamento percepito dalle persone. Inoltre, internet aiuta la velocità della trasmissione di informazioni. Se usata in modo adeguato, la trasmissione corretta aiuta ad evitare anche alcuni comportamenti di stigmatizzazione.
In ultimo, ma non per ultimo, sicuramente bisogna accogliere questo senso di frustrazione e di impotenza che potremmo vivere in questo momento. Accogliere non significa negare, ma accettare in modo consapevole e mantenere un atteggiamento positivo volto al tempo presente. Anche se momentaneamente sospeso, anche il tempo futuro deve essere rappresentato con note di fiducia e di perseveranza.
Bibliografia
- Chew, Q.H., Wei, K.C., Vasoo, S., Chua, H.C, Sim, K. (2020). Narrative synthesis of psychological and coping responses towards emerging infectious disease outbreaks in the general population: practical considerations for the COVID-19 pandemic. Singapore Medical Journal