Nuova ricerca: l’estate è il periodo peggiore per studiare

Nuova ricerca: l’estate è il periodo peggiore per studiare

Studiare d'estate

Una nuova ricerca dell’Harvard School of Public Health (Cedeño-Laurent & al., 2018) mostra l’ironia di avere gli esami scolastici a fine anno, tra giugno e luglio, due dei mesi più torridi. Sembra infatti che la temperatura degli edifici in cui stazioniamo abbia un’influenza sulle performance cognitive.

I ricercatori hanno seguito 44 studenti per 12 giorni, in 5 dei quali si è verificata un’ondata di calore: 24 di loro soggiornavano in un ambiente con aria condizionata (gruppo AC) e 20 di loro in una stanza sprovvista di climatizzatore (non-AC). Sono stati somministrati alcuni test per misurare la velocità cognitiva e la memoria di lavoro.

I risultati mostrano che i tempi di reazione medi rallentano del 13,4% senza aria condizionata, mentre i punteggi in prove di aritmetica sono stati del 13,3% inferiori rispetto a quelli degli studenti che hanno potuto godere dell’aria condizionata. Probabilmente i fattori che contribuiscono a performance meno brillanti sono la disidratazione e le difficoltà ad avere un sonno riposante.
In ogni caso, la temperatura ideale osservata dai ricercatori di Harvard è di 22° C. e sembra che, con ogni grado di temperatura in più, si perde l’1% di quello che è stato appreso.

Questo studio è supportato dall’osservazione di oltre 10 milioni di test PSAT, ovvero i test preparatori a quelli attitudinali di ammissione ai college statunitensi: negli anni in cui la colonnina di mercurio era più alta, i risultati erano inferiori a quelli degli anni in cui c’è stato meno caldo.

La ricerca di Harvard è particolarmente importante date le conseguenze, spesso fatali, sulla salute pubblica delle ondate di calore: secondo Legambiente, una parte dell’impennata dell’11% della mortalità nel 2015 è spiegabile, infatti, proprio dal caldo particolare di quell’anno (quasi tremila morti). Tenendo conto che le temperature globali stanno aumentando a causa dei mutamenti climatici (per buona parte attribuibili alle attività umane), i problemi saranno destinati a peggiorare di intensità.

Purtroppo non è stato osservato un effetto di abituazione al caldo con il passar dei giorni, quindi l’augurio degli sperimentatori è quello che si riescano a trovano maniere sostenibili di refrigerazione degli ambienti in cui si passa molto tempo, soprattutto quelli in cui si lavora e si studia: l’obiettivo sarebbe non solo quello importantissimo di salvare vite umane ma anche quello di non disperdere parte dell’energia usata per attività cognitive.

 

Riferimenti:

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