La terapia metacognitiva interpersonale: le disfunzioni metacognitive
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La Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI) è un trattamento manualizzato, sia in setting individuale che di gruppo, per i disturbi di personalità che integra tecniche immaginative, drammaturgiche, corporee e di mindfulness (Dimaggio et al., 2013; 2019)
Secondo la TMI i disturbi di personalità si compongono di quattro ingredienti fondamentali: le disfunzioni metacognitive, gli schemi interpersonali patogeni, le strategie di coping disfunzionali, i cicli interpersonali disfunzionali. Per sviluppare un disturbo di personalità, dunque, sono necessari questi ingredienti, nessuno escluso.
In questa news ci focalizzeremo sulla metacognizione, che, secondo la TMI, è “la capacità umana di comprendere gli stati mentali, propri e altrui, riflettere su di essi e padroneggiarli” (Dimaggio et al., 2013, pag. 39). La metacognizione differisce dal concetto di mentalizzazione in quanto quest’ultima è stata concepita come una capacità globale, attiva nel contesto del sistema motivazionale dell’attaccamento, mentre la prima come costituita da una serie di sottofunzioni che possono operare in modo semi-indipendente e attiva nel contesto di tutti i sistemi motivazionali. Le capacità metacognitive variano, oscillano, nella stessa persona al variare della qualità delle relazioni; tale concetto è di assoluta rilevanza nella TMI e guida il lavoro nella relazione terapeutica. Riassumendo, l’insieme di abilità metacognitive consentono di: “identificare e attribuire, a sé e agli altri, stati mentali; pensare, riflettere e ragionare sugli stati mentali propri (autoriflessività) e pensare, riflettere e ragionare sugli stati mentali altrui (comprensione della mente altrui); utilizzare le conoscenze e le riflessioni sugli stati mentali propri e altrui per prendere decisioni, risolvere problemi o conflitti psicologici e interpersonali e padroneggiare la sofferenza soggettiva (mastery)” (Dimaggio et al., 2013, pag. 42).
I concetti appena esposti vengono riassunti nella tabella che segue (Dimaggio et al., 2019, p. 53):
Consapevolezza che il Sé e gli Altri hanno stati mentali propri Capacità di distinguere Sé/Altri | ||
Identificare e attribuire, a sé e agli altri, stati mentali | Utilizzare le conoscenze metacognitive per decidere, risolvere problemi e padroneggiare la sofferenza soggettiva | |
Autoriflessività | Comprensione della mente altrui | Mastery |
Monitoraggio | Monitoraggio | |
Identificazione cognitiva | Identificazione cognitiva | |
Identificazione emotiva | Identificazione emotiva | Strategie di I livello |
Pensare, riflettere e ragionare sugli stati mentali propri e altrui | Strategie di II livello | |
Relazione tra variabili | Relazione tra variabili | Strategie di III livello |
Differenziazione | Decentramento | |
Integrazione |
All’interno dell’autoriflessività troviamo l’identificazione cognitiva (la capacità di identificare i propri pensieri); l’identificazione emotiva (la capacità di identificare le proprie emozioni); la relazione tra variabili (la capacità di formare nessi di causalità psicologica tra diverse rappresentazioni, di collegare i sintomi e le sensazioni somatiche con gli antecedenti cognitivi, affettivi e relazionali); la differenziazione (assumere distanza critica dalle proprie convinzioni, vedere le proprie idee come ipotesi e non descrizioni oggettive della realtà esterna; comprendere come le nostre valutazioni del comportamento degli altri dipendano, a volte, dalle nostre tendenze stabili, cioè gli schemi interpersonali, a interpretare il comportamento in quel modo); l’integrazione (mantenere una visione unitaria di sé, indipendentemente dal fluire e alternarsi nella coscienza di stati mentali diversi, anche contraddittori, e indipendentemente dalla variabilità dei nostri comportamenti in contesti differenti; essere consapevoli di come ci siamo evoluti, di descrivere chi siamo oggi rispetto al passato).
All’interno della comprensione della mente altrui troviamo, oltre l’identificazione cognitiva, emotiva e relazione tra variabili riguardanti la mente dell’altro, il decentramento (la capacità di mettersi nei panni degli altri, facendo inferenze sui loro stati mentali a prescindere dalla propria prospettiva).
Infine, la mastery, ossia un processo metacognitivo di controllo che consiste nell’utilizzare intenzionalmente e in piena consapevolezza le conoscenze psicologiche per decidere, formulare strategie per fronteggiare la sofferenza soggettiva, risolvere conflitti interpersonali; all’interno della mastery troviamo le strategie di I livello (azione diretta sul corpo; evitamento; ricerca di coordinamento interpersonale); le strategie di II livello (imporsi o inibire volontariamente un comportamento; modificare attivamente l’attenzione sul problema); le strategie di III livello (uso della conoscenza del proprio stato mentale problematico e funzionamento per gestire la sofferenza; conoscenza della mente altrui per risolvere problemi interpersonali; accettazione dei limiti propri e altrui nel poter influire sugli eventi; prevedere l’effetto delle nostre azioni su noi e altri).
I soggetti con disturbi di personalità presenterebbero delle disfunzioni, dei fallimenti, rispetto a svariate abilità metacognitive (Dimaggio & Semerari, 2003).
Riferimenti
- American Psychiatric Association (2014). DSM-5: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Raffaello Cortina, Milano.
- Dimaggio, G., Montano, A., Popolo, R., Salvatore, G. (2013). Terapia metacognitiva interpersonale dei disturbi di personalità. Raffaello Cortina, Milano.
- Dimaggio, G., Ottavi, P., Popolo, R., Salvatore, G. (2019). Corpo, immaginazione e cambiamento. Terapia metacognitiva interpersonale. Raffaello Cortina, Milano.
- Dimaggio, G., Semerari, A. (2003). I disturbi di personalità. Modelli e trattamento. Editori Laterza, Bari-Roma.
- https://www.istitutobeck.com/opuscoli/opuscolo-disturbi-di-personalita-e-trauma