Terapie bottom-up: l’autoabbraccio di Levine
Terapie bottom-up: l’autoabbraccio di Levine
Oggigiorno, sempre più, cresce l’attenzione rivolta al ruolo ricoperto dal trauma nell’esistenza di un individuo e nella genesi di un disturbo psicologico, dando luogo a un vivo interesse sia dal punto di vista clinico che della ricerca (Payne, Levine, & Crane-Godreau, 2015).
In particolar modo, numerosi studi hanno sottolineato l’importanza rivestita dal corpo, a seguito di esperienze traumatiche: sembrerebbe, infatti, che queste vengano memorizzate a livello di schemi corporei e, dunque, siano sempre attive impedendo alla vittima di “ricordare” quanto accaduto. Il trauma è costantemente “rivissuto” sia a livello psichico ma soprattutto fisico, facendo sì che il corpo permanga in un continuo stato di attivazione.
Obiettivo del lavoro terapeutico è quello di dar voce al dialogo corporeo, trasformando tale “rivivere” in “ricordare”: in tal senso, numerosi clinici ritengono essenziale il ricorso a terapie fondate su un approccio bottom-up (corpo-emozioni-pensiero), anziché top-down (pensiero-emozioni-corpo), ossia un approccio che parte propriamente dal corpo per agire, in ultima analisi, sul pensiero.
A tal riguardo Levine (1977, 1997, 2010) suggerisce l’importanza del ricorrere ad una Somatic Experiencing (SE) ossia una terapia bottom-up del trauma, incentrata sull’esperienza propriocettiva e interocettiva, con il fine di intervenire sui sintomi dello stress cronico e post-traumatico.
Si tratta di un approccio somatico che consente di comprendere anche i benefici del ricorso alla Mindfulness poiché permette di dirigere l’attenzione del paziente sulle proprie sensazioni interne, viscerali e muscolari, evitando così un focus su cognizioni ed emozioni e, dunque, sulla rievocazione delle memorie traumatiche; i ricordi spiacevoli sono affrontati gradualmente e non direttamente, favorendo con il passare del tempo la costruzione di nuove esperienze interocettive che vadano a sostituire quelle passate disfunzionali.
L’efficacia di una SE sarebbe dovuta a un’azione esercitata da tali tecniche corporee a livello neurologico, poiché sembrerebbe che il trauma possa causare una disregolazione a livello di sistema nervoso, nello specifico di un’area definita core response network (CRN), responsabile delle risposte immediate e istintive alle sfide dell’ambiente.
Tra le tecniche facenti parte dell’approccio somatico di Levine (2012) si annovera quella che lui definisce l’autoabbraccio, ossia un esercizio di autocontenimento e avvolgimento di se stessi che dovrebbe avere una funzione di contenimento corporeo: è necessario inserire una mano sotto il braccio opposto e in seguito porre l’altra mano sulla parte superiore dell’altro braccio. L’obiettivo è far sì che il paziente si focalizzi sulla sua postura, sui movimenti e tensioni muscolari, andando a osservare e in seguito modificare i sintomi somatoformi, fino ad arrivare ad avere accesso a stati mentali disfunzionali: divenire consapevoli del proprio corpo e una integrazione mente-corpo possono consentire una regolazione emotiva ma soprattutto una presa di coscienza degli schemi corporei negativi che spesso si associano a situazioni di fuga e paura.
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Bibliografia
- Levine P. A. (1977). Accumulated Stress, Reserve Capacity and Disease. Ann Arborm, MI: University of California, Berkeley.
- Levine P. A. (1997). Waking The Tiger: Healing Trauma: The Innate Capacity to Transform Overwhelming Experiences. Berkeley, CA: North Atlantic Books.
- Levine P. A. (2010). In an Unspoken Voice: How The Body Releases Trauma and Restores Goodness. Berkeley, CA: North Atlantic Books.
- Levine, P. (2012). Somatic experiencing.
- Liotti, G., & Farina, B. (2011). Sviluppi traumatici: eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa. R. Cortina.
- Payne, P., Levine, P. A., & Crane-Godreau, M. A. (2015). Somatic experiencing: using interoception and proprioception as core elements of trauma therapy. Frontiers in psychology, 6.