Vegetarismo, Veganismo e Teoria dell’Identità Sociale

Vegetarismo, Veganismo e Teoria dell’Identità Sociale

Veg(etariani come identità

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Veg(etari)ani come identità: Vegetarismo, Veganismo e Teoria dell’Identità Sociale

Nel 2020 vi erano circa 375 milioni di vegetariani e 78 milioni di vegani nel mondo, e il numero continua a crescere, rendendo la scelta “veg” uno degli stili di vita più popolari e in rapida crescita nel 21° secolo. Sebbene questa dieta non sia nuova – fu coniata da Donald Watson nel 1944 – sta crescendo sempre più rapidamente, passando da una piccola sottocultura a una parte consistente del mainstream. Man mano che sempre più persone iniziano a seguire questo stile di vita – per ragioni che variano dal rispetto degli animali e alla decisione etica di non finanziare la loro uccisione e il loro sfruttamento, alla salute, al rispetto del pianeta riducendo l’impatto ambientale – aumenta anche il numero di individui che inizia a identificarsi con l’essere vegetariani o vegani. Il vegetarianismo e il veganismo sono passati dall’essere una dieta a diventare qualcosa di diverso. Sono diventate identità, una parte del proprio senso del sé. La scelta del cibo può essere un modo per le persone di esprimere i propri ideali e la propria identità. In particolare, per coloro che si identificano come vegetariani, questa etichetta è più di un semplice insieme di preferenze dietetiche. La scelta di seguire una dieta a base vegetale modella la propria identità personale e sociale ed è probabile che influenzi i valori, le attitudini, le convinzioni e il benessere di una persona.

Infatti coloro che si definiscono vegetariani o vegani condividono spesso un’aderenza al Movimento Antispecista o “Animal Rights Movement” (Movimento per i Diritti Animali; in Italia diremmo Animalismo).
I vegani antispecisti evitano carne e pesce per l’uccisione degli animali da cui se ne ricava, e latte e uova per le uccisioni che mucche e galline subiscono quando cala la produzione dei loro prodotti e per il prematuro invio al macello di vitelli e pulcini maschi perché inutili per la produzione di latte e uova (i primi addirittura rischiando di ridurre il latte disponibile, visto che il latte destinato ai consumatori in natura viene bevuto dai cuccioli).

L’aderenza al movimento animalista da parte di molti vegani però li spinge anche ad evitare cosmetici, prodotti per l’igiene e la casa testati su animali, a utilizzare farmaci equivalenti o generici per ridurre la sperimentazione animale, a boicottare feste o palii con animali, delfinari, acquari, circhi e zoo, ad aborrire la caccia, a evitare abiti, scarpe, divani, sedili, e così via di pelle, cuoio, seta, lana, pelliccia, inserti in pelo e piume d’oca. Tendono inoltre a evitare di comprare animali, soprattutto esotici e/o tenuti in gabbia, ma spesso adottano quelli che cercano casa.

Questo enorme insieme di ambiti in cui la propria scelta impatta fa comprendere come essa possa pervadere la vita di una persona al punto da rendere più facile per essa definirsi, identificarsi con tale scelta.

I dati disponibili suggeriscono che i vegetariani sono più pro-sociali degli onnivori e tendono ad avere opinioni politiche più progressiste. Vegani e vegetariani hanno maggiori probabilità di preoccuparsi di vari problemi nel mondo: disuguaglianza di reddito e cibo, ambiente, trattamento degli animali, dei lavoratori e dei diritti umani.

Tuttavia, i vegetariani non sembrano essere ben adattati come gli onnivori, il che potrebbe essere il risultato del loro status di minoranza sociale e del conseguente stigma.

Nonostante l’attenzione che il vegetarianismo ha ricevuto, sono necessarie ulteriori ricerche per comprenderne appieno gli antecedenti, i correlati, le conseguenze e i contesti socio-culturali. Tuttavia, dai dati che abbiamo possiamo dire che il veganismo e il vegetarismo non sono più delle diete, se mai sono state solo quello (Nezlek & Forestell, 2020).

Teoria dell’identità sociale: che cos’è?

In ambito psicologico e sociale, la teoria dell’identità sociale è l’interazione tra personalità e identità sociale. Rispettivamente quando le persone pensano a sé stesse come individui e quando pensano a sé come membri di un gruppo.

L’intera teoria è stata creata per spiegare come gli individui generano il loro spazio nella società. Le persone mettono sé stesse e gli altri in categorie, si confrontano con gli altri e poi si identificano in base a ciò che scoprono. L’identità sociale è essenzialmente una conoscenza individuale dell’appartenenza a un certo gruppo e il significato di tale appartenenza a un gruppo.

Cosa significa veramente?

Le persone amano appartenere e amano sentirsi speciali. Ecco perché chiedono a gran voce le tessere associative che le loro identità sociali concedono loro. Le nostre identità sociali fungono da tessere associative per gruppi di persone per cui sentiamo un senso di appartenenza. Persone “come noi”. All’interno dei nostri gruppi, che spesso inconsciamente crediamo siano migliori in certi aspetti o più adatti a noi rispetto ad altri gruppi di identità sociale, condividiamo idee, conoscenze e convinzioni (Tajfel et al., 1979).

In gruppi sociali come quello dei vegetariani e/o dei vegani, le nostre scelte alimentari rappresentano non solo il modo in cui ci nutriamo e ci sosteniamo, ma arrivano a rappresentare la nostra filosofia di vita e possono fondersi con il nostro concetto di sé: la nostra morale, le nostre opinioni sul modo di considerare le altre specie, gli esseri senzienti, il pianeta, la nostra salute e il benessere.
Questo può essere descritto come un effetto di ricaduta: quando le scelte alimentari influenzano le nostre visioni di vita più ampie e la nostra traiettoria di vita nel tempo.

Veganismo come identità sociale

Il veganismo è diventato un’identità sociale sia dall’interno del gruppo sociale, sia dall’esterno. I fattori interni alla creazione dell’identità sociale sono le scelte alimentari e di vita e l’assimilazione nell’identità. I fattori esterni sono il modo in cui gli onnivori vedono i vegani.

Spesso inoltre la società onnivora nutre atteggiamenti negativi nei confronti dei vegani e dei vegetariani, perché non rispetta quello che viene dato per scontato: lo status quo. Un simile confronto coincide con il fattore motivazionale alla base della Teoria dell’Identità Sociale: un fattore che stabilisce un gruppo sociale come superiore e più accettabile. La società onnivora si considera come gruppo sociale superiore e più accettabile rispetto ai vegani, e questi ultimi di riflesso spesso agiscono ricambiando con la stessa moneta.

Sebbene non tutte le persone che seguono una dieta o una scelta di vita la interiorizzano come parte della propria identità sociale, molte persone lo fanno.

Implicazioni di un’identità sociale vegana

All’interno dei loro gruppi sociali, i vegani hanno un orientamento sociale, accettazione, sostegno e un forte sistema di credenze. Nonostante il sostegno reciproco, tuttavia, i vegani costituiscono ancora una minoranza sociale, con meno del 10% della popolazione che segue una dieta vegetariana e ancor meno segue una dieta vegana. La cultura della maggioranza tende a prendersela con loro per essere diversi, giudicando le loro scelte alimentari e sociali.

Questo, secondo la psicologa sociale Melany Joy (2011), deriva dal cosiddetto “paradosso della carne”: le persone infatti “amano i cani, mangiano i maiali e indossano le mucche”. Una simile dissonanza cognitiva sulla considerazione degli animali, che solitamente viene invisibilizzata, salta subito all’occhio in presenza di individui che non condividono un simile sistema come appunto i vegani e i vegetariani. Questa idea, il “carnismo”, secondo Joy, viene retta su 4 assunzioni mai provate (le “4 N della Giustificazione”): il fatto che mangiare animali sia “naturale” (fallacia naturalistica), “normale” (argumentum ad populum), “necessario” (nonostante l’esistenza stessa dei vegani smentisca questa proposizione) e a volte “nice”, ossia “gentile” (sebbene l’atto di uccidere difficilmente verrebbe classificato come gentile da chiunque).

La ricerca ha dimostrato che i mangiatori di carne che avevano avallato queste argomentazioni in modo più deciso avevano riferito meno sensi di colpa per le loro abitudini alimentari. Tendevano a oggettivare gli animali, ad avere meno interesse morale per loro e ad attribuire loro meno coscienza. Erano anche più favorevoli alla disuguaglianza sociale e alle ideologie gerarchiche e meno orgogliosi delle loro scelte di consumo (Loughnan et al. 2010; Piazza et al., 2015).

Un esempio della riduzione della dissonanza è l’importanza data alle storie di animali “salvati o scappati dal macello”, in cui i media si concentrano su un animale che è sfuggito al massacro, parteggiando anche per lui, ignorando però al contempo i milioni che non ce l’hanno fatta e il sistema stesso che li porta a morire (pensiamo soltanto a film come “Galline in Fuga” o a “Babe”).

A causa di questo stigma e della dissonanza cognitiva della società carnista, è molto probabile che i vegani sperimentino il rifiuto sociale o l’alienazione dal mainstream.

Inoltre, come detto prima, i vegani tendono ad avere maggiormente atteggiamenti pro-sociali e ad interessarsi maggiormente a questioni di giustizia sociale rispetto agli onnivori. Tuttavia, questi atteggiamenti pro-sociali portano a un minore benessere psicologico perché le questioni a cui tengono non stanno migliorando: la disuguaglianza di reddito è in aumento in tutto il mondo, il cambiamento climatico è alle porte e il trattamento etico e morale di esseri umani e animali non sta migliorando. Nonostante il vasto gruppo sociale, una fiorente comunità online e una solida bussola morale, i vegani che mettono la loro scelta in prima linea nella loro identità quindi hanno maggiori probabilità di sperimentare sofferenza psicologica dovuta al loro impegno in lotte ancora lontane dall’essere risolte, burnout e stigma sociale.

 


Riferimenti Bibliografici:

  • Nezlek, J. B., & Forestell, C. A. (2020). Vegetarianism as a social identity. Current Opinion in Food Science, 33, 45–51.
  • Tajfel, H., Turner, J. C., Austin, W. G., & Worchel, S. (1979). An integrative theory of intergroup conflict. Organizational identity: A reader, 56-65.
  • Loughnan, Steve; et al. (2010). The role of meat consumption in the denial of moral status and mind to meat animals. Appetite. 55 (1): 156–159.
  • Piazza, Jared; et al. (2015). Rationalizing meat consumption. The 4Ns. Appetite. 91: 114–128.
  • Joy, Melanie (2011). Why We Love Dogs, Eat Pigs, and Wear Cows: An Introduction to Carnism. Conari Press.

Autore/i dell’articolo

Dott. Alberto Infante
  • Dottore in Psicologia
  • Redattore Volontario per la ONLUS Il Vaso di Pandora - La Speranza dopo il Trauma
  • Content Creator per l'Istituto Beck

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