Tra i numerosi disturbi psichici che possono affliggere le persone che hanno subìto un trauma il più comune e direttamente collegato all’esperienza traumatica è il PTSD. Tuttavia, solo un terzo delle persone che sono state abusate durante l’infanzia soddisfano i criteri per una diagnosi di PTSD, perché questa categoria diagnostica non consente di descrivere pienamente i complessi e multisfaccettati sintomi di origine traumatica che si manifestano durante lo sviluppo e nell’arco della vita dei sopravvissuti.
Ciò è dovuto al fatto che i traumi interpersonali precoci (tra cui l’abuso sessuale) interferiscono con il normale sviluppo della persona in diverse aree, dando origine a un quadro psicopatologico più ampio rispetto al PTSD. Nel libro Guarire dal trauma (1997), la psichiatra americana Judith Herman ha osservato che sintomi di questo tipo si riscontrano anche in adulti che hanno vissuto esperienze cronicamente traumatiche, ad esempio situazioni di prigionia, tortura o violenza domestica prolungata.
Il profilo di sintomi presentati da questi sopravvissuti è stato per lungo tempo definito Disturbo da Stress Estremo non Altrimenti Specificato (DESNOS), finché, con la pubblicazione dell’undicesima edizione dell’International Classification of Diseases (ICD-11), l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ufficialmente riconosciuto la diagnosi di Disturbo da stress post-traumatico complesso (C-PTSD, Complex PTSD).
Sintomatologia
Secondo l’ICD-11, per porre diagnosi di PTSD complesso è innanzitutto necessario che siano presenti le tre tipologie di sintomi principali del PTSD, cioè:
- Risperimentazione, attraverso memorie vivide e intrusive, flashback o incubi;
- Evitamento, sia di pensieri e ricordi, sia di stimoli esterni associati al trauma;
- Iperattivazione, cioè ipervigilanza ed esagerata risposta d’allarme.
In aggiunta (e a differenza del PTSD “semplice”), il PTSD complesso è caratterizzato da compromissioni gravi e durature in una serie di aree di funzionamento, quali:
- Regolazione delle emozioni e controllo degli impulsi: i sopravvissuti non riescono a gestire emozioni intense e improvvise (come la rabbia) e mettono in atto condotte auto-distruttive (autolesionismo, abuso di sostanze, ecc.) quando iniziano a percepire come intollerabili e opprimenti anche minimi fattori di stress. Si riscontra inoltre una tendenza a entrare in stati dissociativi;
- Percezione di sé: le vittime di esperienze traumatiche sviluppano una visione di se stesse come indesiderate, deboli, impotenti, “danneggiate” e provano senso di colpa e vergogna cronici perché, in molti casi, si ritengono responsabili dell’abuso che hanno subìto;
- Rapporti interpersonali: incapacità di fidarsi o di entrare in intimità con gli altri, elevata sospettosità e isolamento sociale.
Tutti questi sintomi sono persistenti e causano difficoltà sul piano personale, lavorativo, scolastico, amicale o familiare.
Altri sintomi e problemi associati al PTSD complesso
Ben prima del suo riconoscimento come diagnosi ufficiale, la ricerca e la clinica sul C-PTSD hanno evidenziato ulteriori problemi che si riscontrano spesso nei sopravvissuti a traumi complessi o traumi di tipo II. Anche se non esplicitamente incluse nella formulazione proposta dall’ICD-11, questi sintomi aggiuntivi possono riguardare:
- i sistemi di significato: le persone iniziano a pensare che la vita non abbia più senso e che non saranno mai in grado di apportare alcun cambiamento positivo, come se osservassero se stesse, gli altri e il mondo attraverso delle “lenti di colore nero”;
- la somatizzazione: presenza di sintomi cronici a livello somatico (dolori addominali, nausea, vomito, mal di testa, ecc.) che non sono riconducibili a delle cause mediche, ma che sono il risultato di alterazioni neuro-biologiche provocate dalle esperienze traumatiche (iper-attivazione del Sistema Nervoso Centrale, eccessiva produzione delle catecolamine, bassi livelli di serotonina; per un approfondimento, si veda la sezione Neuroscienze e Trauma) e che sembrano rappresentare una modalità inconsapevole per comunicare il dolore emotivo (che i sopravvissuti a eventi traumatici non riescono a esprimere con le parole, né a se stessi né agli altri);
- l’attenzione e la consapevolezza: presenza di episodi dissociativi, amnesia e incapacità di focalizzarsi su uno stimolo rilevante, che rappresentano delle risposte emesse dagli individui per sottrarsi ai pensieri/ricordi e sensazioni fisiche/emozioni legate alle esperienze traumatiche;
- l’ideazione suicidaria: la mancanza di speranza per il futuro può essere accompagnata da una tendenza a vedere il suicidio come una possibile via di fuga dalle sofferenze provate. In alcuni casi le persone possono arrivare a elaborare dei piani su come togliersi la vita (ad esempio, scegliere la modalità o la situazione, lasciare messaggi ad amici e familiari, ecc.) e a metterli in pratica in numerosi tentativi di suicidio;
- l’immagine corporea e il comportamento alimentare: la persona non si sente al sicuro nel proprio corpo, che può arrivare a percepire come un “nemico”. L’immagine corporea può essere distorta e tentativi di conquistare un certo livello di controllo possono includere restrizioni alimentari. Le difficoltà nel controllo degli impulsi si manifestano anche sotto forma di comportamenti bulimici (abbuffate seguite da vomito o da uso di lassativi).
Alla luce di questa descrizione, appare evidente che il C-PTSD presenti numerose similitudini con i Disturbi di Personalità, in particolare con il Disturbo Borderline di Personalità (DBP), cosa che ha portato alcuni autori a suggerire che la nuova diagnosi costituisca un’alternativa più valida e accurata per descrivere questi pazienti. Tuttavia, secondo altri studi i due disturbi dovrebbero essere mantenuti separati: ad esempio, nel C-PTSD, ma non nel DBP, è richiesta la presenza di un trauma in eziologia (cioè tra le cause) e i sintomi dissociativi hanno maggiore peso e sono in genere duraturi, non transitori. In aggiunta, per fare diagnosi di DBP non è necessario che siano soddisfatti i sintomi nucleari del PTSD (Cloitre et al., 2014). Data la recente introduzione del C-PTSD, sono necessari ulteriori studi per chiarire gli eventuali punti di sovrapposizione e di differenziazione.
Prevalenza e cause del PTSD complesso
Alcuni dati di ricerca (ad esempio, Van der Kolk et al., 2005) hanno evidenziato che il 25-45% delle persone che avevano vissuto un trauma mostravano i sintomi del PTSD complesso, una percentuale che saliva fino al 68% tra coloro che avevano subìto abusi sessuali durante l’infanzia. In altri studi effettuati in contesti clinici, ad esempio in centri specializzati nel trattamento del trauma, la forma complessa del PTSD è risultata più comune di quella “semplice”, con tassi di prevalenza compresi tra il 32,8% e il 42,8%, contro il 7,8-37% del PTSD (ad esempio, Hyland et al., 2017).
In generale, la letteratura finora disponibile sembra confermare l’esistenza, sia in campioni di adulti che di bambini e adolescenti, di due distinti profili di sintomi post-traumatici (uno semplice e uno complesso), principalmente distinguibili per il tipo e la durata di trauma (accidentale/isolato versus interpersonale/cronico) che li precede, e una sintomatologia più ampia e una maggiore comorbidità con la depressione nel caso del C-PTSD (Brewin et al., 2017; Goldbeck et al., 2018). Le evidenze preliminari suggeriscono che il C-PTSD sia più comune nelle bambine e nelle donne rispetto ai bambini e agli uomini, possibilmente riflettendo il fatto che le prime siano più spesso vittime di abusi sessuali.
In sintesi, i principali tipi di eventi che possono causare il C-PTSD includono:
- abuso infantile, grave trascuratezza e abbandono;
- violenza domestica o ripetuti abusi da parte del partner;
- prolungata violenza assistita;
- situazioni di sfruttamento sessuale, ad esempio prostituzione o pornografia;
- tortura, rapimento e schiavitù;
- prigionia di guerra.
Inoltre, la probabilità di sviluppare un C-PTSD, rispetto al PTSD semplice, aumenta se:
- il trauma è avvenuto precocemente, cioè durante l’infanzia o l’adolescenza;
- il trauma è stato cronico, non un evento isolato;
- la fuga dalla situazione traumatica era difficile o impossibile;
- i traumi subiti sono stati molteplici e di tipo diverso;
- il perpetratore della violenza era una persona cara, come un genitore, un familiare o un partner.
Trattamento del PTSD complesso
Proprio in virtù della complessità dei suoi sintomi, il trattamento del C-PTSD deve essere distinto da quello per il PTSD semplice. Poiché spesso il trauma risale a un’età precoce, il suo ricordo può non essere accessibile al paziente adulto sul piano esplicito e verbale (ad esempio, il ricordo è frammentato e mancano le parole per descriverlo e narrarlo). Come evidenziato qui sopra, le memorie traumatiche tenderanno allora ad esprimersi “implicitamente” attraverso sintomi corporei, ragion per cui sarà difficile utilizzare le tradizionali terapie basate sul colloquio.
Come sottolineato dai maggiori professionisti della salute mentale che lavorano nel settore, il trattamento del C-PTSD richiede un approccio combinato in più fasi che integri tecniche provenienti da diverse terapie (Courtois & Ford, 2015).
In linea generale, il trattamento della traumatizzazione complessa dovrebbe seguire le tre fasi principali delineate da Judith Herman (1997) e da Van der Hart, Nijenhuis e Steele (2006), ossia:
- Fase di stabilizzazione, tesa a ridurre i sintomi (come l’iperattivazione e i flashback) che, oltre a causare sofferenza, ostacolano il lavoro terapeutico. Infatti, questa fase è anche dedicata a sviluppare un rapporto di fiducia e collaborazione tra paziente e terapeuta. Per stabilizzare i sintomi si possono utilizzare tecniche di Mindfulness o mutuate dalla Terapia Cognitivo Comportamentale (TCC) e Dialettico Comportamentale (DBT). Si sono inoltre dimostrati efficaci interventi che si focalizzano sul corpo, come il Trauma Yoga
- Fase di trattamento delle memorie traumatiche, rivolta all’elaborazione dei ricordi traumatici e delle emozioni e credenze a loro associate, sia verso se stessi che verso gli altri e il mondo. L’Eye Movement and Desensitization and Reprocessing (EMDR) è un intervento particolarmente indicato per facilitare tale elaborazione, ma possono anche essere impiegate tecniche di esposizione provenienti dalla TCC o da altre terapie, come la Written Exposure Therapy. Altre tecniche mirano a trattare le memorie traumatiche attraverso il loro impatto sul corpo, come nel caso del Somatic Experiencing. Infine, la fase 2 della terapia orientata per fasi di Van der Hart e collaboratori prevede una serie di interventi utili per reintegrare le memorie dissociate
- Fase di integrazione e riabilitazione, in cui si lavora sulle difficoltà sul piano relazionale, sessuale, lavorativo e ricreativo, al fine di ripristinare un progetto di vita pieno e soddisfacente. Come nella fase 3 della terapia orientata per fasi, originariamente sviluppata per i Disturbi Dissociativi, alcune delle tecniche utilizzate serviranno a reintegrare le parti dissociative della personalità, così da ristabilire un senso di sé coerente e unitario. Infine, in questa fase ci si prepara per la conclusione della terapia e per la prevenzione delle ricadute.
Riferimenti
- Brewin, C. R., Cloitre, M., Hyland, P., Shevlin, M., Maercker, A., Bryant, R. A., … & Somasundaram, D. (2017). A review of current evidence regarding the ICD-11 proposals for diagnosing PTSD and complex PTSD. Clinical Psychology Review, 58, 1-15.
- Cloitre, M., Garvert, D. W., Weiss, B., Carlson, E. B., & Bryant, R. A. (2014). Distinguishing PTSD, complex PTSD, and borderline personality disorder: A latent class analysis. European Journal of Psychotraumatology, 5(1), 25097.
- Courtois, C. A., & Ford, J. D. (2015). Treatment of complex trauma: A sequenced, relationship-based approach. Guilford Press.
- Goldbeck, L., Muche, R., Sachser, C., Tutus, D., & Rosner, R. (2016). Effectiveness of trauma-focused cognitive behavioral therapy for children and adolescents: A randomized controlled trial in eight German mental health clinics. Psychotherapy and Psychosomatics, 85(3), 159-170.
- Herman, J. L. (1997). Guarire dal trauma – affrontare le conseguenze della violenza, dall’abuso domestico al terrorismo. Tr. it. Magi, Roma 2005.
- Hyland, P., Murphy, J., Shevlin, M., Vallières, F., McElroy, E., Elklit, A., … & Cloitre, M. (2017). Variation in post-traumatic response: the role of trauma type in predicting ICD-11 PTSD and CPTSD symptoms. Social psychiatry and psychiatric epidemiology, 52(6), 727-736.
- Steele, K., Boon, S., & Van der Hart, O. (2017). La cura della dissociazione traumatica. Un approccio pratico e integrativo. Trad. it. Mimesis, Sesto San Giovanni 2017.
- Van der Hart, O., Nijenhuis, E. R., & Steele, K. (2006). Fantasmi del sé. Trauma e trattamento della dissociazione strutturale. Trad. it. Raffaello Cortina, Milano 2011.
- Van der Kolk, B., Roth, S., Pelcovitz, D. Sunday, S. & Spinazzola, J. (2005). Disorders of extreme stress: The empirical foundation of a complex adaptation to trauma. Journal of Traumatic Stress, 18(5), 389-399.
Sitografia
- World Health Organization/Organizzazione Mondiale della Sanità (2018). International Classification of Diseases 11th Revision (ICD-11). Consultato da: https://icd.who.int/
- National Health Service (2018). Complex PTSD. Consultato da: https://www.nhs.uk/conditions/post-traumatic-stress-disorder-ptsd/complex/