Disregolazione emotiva

Disregolazione emotiva

Effetti del trauma infantile sull'autoregolazione

L’autoregolazione: origine e sviluppo

Con il termine autoregolazione si indica la capacità di identificare, tollerare, modulare ed esprimere i propri stati interni, in modo da essere consapevoli anche delle proprie azioni. L’essere umano necessita di un insieme di competenze a livello emotivo, psicologico e relazionale che trovano le loro radici durante l’infanzia.

La capacità di autoregolazione si sviluppa solo se il bambino ha fatto esperienza di un attaccamento sicuro con la propria figura di riferimento o caregiver, in altre parole, se nei momenti di disagio del bambino, il genitore è riuscito a entrare in contatto e a soddisfare i suoi bisogni (fame, pulizia, calore o contatto), aiutandolo a calmarsi e a rientrare in uno stato regolato e di pace.

Per comprendere questo processo a un livello più profondo, è bene specificare che non si tratta di un “monologo comportamentale” del caregiver verso il bambino ma bensì di un dialogo, un’attività che accade in una maniera reciproca, fluida, “vivente”. La calma del bambino dipende dai suoni pacati della voce e dal contatto fisico contenitivo che la madre o il caregiver mette in atto in risposta alla sua comunicazione di disagio. Il caregiver stesso entra a sua volta in uno stato regolato di calma.

Lo psicologo dello sviluppo Alan Fogel (1993) ha coniato il termine coregolazione per indicare questa “continua messa in atto di azioni che possono essere continuamente suscettibili di modifiche dai continui cambiamenti comportamentali del partner”. Aspetti neurofisiologici, sensoriali e comportamentali sono implicati in questo rispecchiamento che, insieme al continuo riassestamento di esperienze affettive e fisiologiche, è il cuore dello sviluppo della capacità di auto-regolazione del bambino e la base per la formazione delle prime strutture di attaccamento, del senso del sé e della capacità di comunicare.

Non è necessario che questa risposta accudente sia perfetta, ma semplicemente “abbastanza buona”. L’importante è che tenga conto del bambino in fase di sviluppo all’interno del suo contesto, delle sue esperienze e dei suoi bisogni (Winnicott, 1965).

Nel corso del tempo, il bambino svilupperà le proprie abilità di regolazione: imparerà a “chiedere” appositamente quando vorrà che un suo bisogno venga soddisfatto. Con lo sviluppo fisico poi sarà in grado di provvedere alla soddisfazione di alcuni dei propri bisogni anche da solo. Imparerà a tollerare la frustrazione, le altre emozioni che suscitano disagio, calmandosi autonomamente.

Al contrario, i bambini cresciuti in un ambiente caratterizzato da neglect o abuso emotivo prolungato o grave, possono non sviluppare queste abilità. Quelli che crescono con insufficiente amore e supporto, o che sono esposti ad ambienti traumatici e distorsioni della realtà da parte delle loro figure di riferimento primarie, nella maggior parte dei casi non sviluppano adeguate relazioni di attaccamento e, di conseguenza, non interiorizzano sane abilità di auto-regolazione.

Spesso vivono con un senso di incertezza, impotenza, paura e panico. Poiché molti bambini hanno limitate strategie di fronteggiamento (abilità di coping) per gestire le proprie reazioni a questo tipo di esperienza, possono provare a contenere i propri vissuti avversi attraverso risposte limitate e rigide, inclusa la dissociazione.

La disregolazione emotiva e altri tipi di disregolazione nel trauma

Con disregolazione emotiva si indica la difficoltà o l’incapacità di regolare le proprie emozioni, cioè di ricondurle ad uno stato tollerabile una volta che si siano attivate (arusal). Nell’ambito del trauma trova origine nella dissociazione. Può avvenire durante diverse esperienze che si influenzano reciprocamente e assumere manifestazioni differenti. Una persona con disregolazione emotiva potrebbe essere emozionalmente instabile o reattiva, e fare esperienza di oscillazioni emotive anche estreme. Un’altra potrebbe sentirsi cronicamente triste e non essere in grado di accedere ai sentimenti di speranza. E ancora, un altro modo con cui la disregolazione potrebbe esprimersi è attraverso la disconnessione con gli aspetti della propria esperienza: in questo caso la persona potrebbe sentirsi emozionalmente anestetizzata e quindi spegnersi (ottundimento emotivo).

La disregolazione emotiva ha indubbiamente ricevuto una maggiore attenzione, soprattutto nella ricerca di strumenti per aumentare la capacità di autoregolazione dei sopravvissuti ai traumi: i survivors. Tuttavia, sono molte le forme di disregolazione che possono presentarsi a seguito di traumi infantili complessi e che riguardano, oltre le emozioni, anche il comportamento e l’attenzione.

Una persona potrebbe avere anche difficoltà a regolare gli stati fisiologici o somatici, i bioritmi, i pensieri e i comportamenti. La disregolazione somatica (nel corpo) può includere stati di iper-arousal (battito cardiaco accelerato, respiro corto e tensione dei muscoli) o ipo-arousal (mancanza di energia, spossatezza).

Disregolazione fisiologica

Alcune persone esperiscono reazioni fisiologiche (nel corpo) che sono collegate alle loro precoci esperienze di trauma. Ad esempio, una donna la cui madre è morta in un incidente automobilistico quando era piccola, ha notato che provava stordimento, una costrizione alla gola e un buco allo stomaco ogni volta che il suo nuovo ragazzo lasciava il suo appartamento – le stesse reazioni fisiche che ha avuto quando ha appreso che sua madre se ne era andata per sempre.

Queste “memorie corporee” possono avvenire senza una consapevolezza cosciente che le colleghi al trauma precoce. Inoltre, compromissioni del sonno, dell’appetito e dell’energia riflettono una disregolazione dei bioritmi. Il corpo umano, infatti, è programmato per lavorare a un ritmo naturale che assicura la sopravvivenza, composto da cicli regolari di fame, fatica, ecc. Nelle persone con bioritmi disregolati, le urgenze del proprio corpo tendono a restare bloccate in un loop: c’è chi fa fatica ad addormentarsi o chi non riesce a sentirsi mai sazio dopo aver mangiato.

La disregolazione fisiologica cronica e la dissociazione possono portare a complicazioni mediche come alta pressione sanguigna, ulcere, e altre condizioni stress-correlate. Un senso di disconnessione dal proprio corpo può essere anch’esso considerato un segnale di disregolazione fisiologica.

Disregolazione comportamentale

Molti dei “disturbi” comportamentali comunemente associati al trauma sono, in realtà, tentativi di fronteggiare esperienze interne opprimenti, spesso in risposta a una percezione di pressione o minaccia provenienti dall’esterno. Di frequente, questi disturbi hanno a che fare con la sfera del controllo. La disregolazione comportamentale può manifestarsi sia come sforzo a iper-controllare le proprie esperienze interne, sia come tentativi di cedere la responsabilità o il controllo. Queste espressioni di disregolazione possono evolvere in problemi e disturbi comportamentali cronici. Per esempio, disturbi alimentari, disturbo da abuso di sostanze, comportamenti di autolesionismo, comportamenti compulsivi (eccessivo ordine/pulizia, attività sessuale compulsiva). E ancora, depressione e ansia, fino al panico, sono spesso il risultato dell’adattamento ad avversità avvenute nei primi anni di vita, traumi o a seguito di un legame di attaccamento altamente disfunzionale o distrutto.

Disregolazione cognitiva

Le varie forme di disregolazione cognitiva sono legate ai pensieri e associate all’esposizione a trauma infantile complesso. Anche se possono essere meno evidenti, meritano comunque considerazione per il loro impatto sul funzionamento e sul mondo interno dei survivors adulti. L’abuso emozionale precoce o il neglect influenzano anche lo sviluppo della prospettiva dei bambini e dell’idea che si costruiscono su loro stessi, sugli altri e sul mondo. Le avversità incontrate durante le prime fasi di vita portano loro a sviluppare convinzioni trauma-correlate, come, ad esempio, “sono cattivo” o “gli altri non sono sicuri”. Questi aspetti del sé e ciò che hanno appreso rispetto al mondo che li circonda li porterà a essere dei survivors altamente vulnerabili rispetto a una disregolazione cognitiva. Tale vulnerabilità alla disregolazione all’interno dei contesti relazionali sarà la più grande sfida al cambiamento durante il lavoro terapeutico.

Dimensioni della componente regolatoria nel trauma

I modi in cui questi tipi di disregolazione possono presentarsi negli adulti con storie di abuso e neglect si muovono lungo diverse dimensioni, influenzando anche l’intervento del terapeuta. La figura riportata di seguito descrive quattro diverse dimensioni della componente regolatoria: livello di arousal, permanenza nello stato regolatorio, direzione delle espressioni di distress e livello di controllo.

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Figura Dimensioni della componente regolatoria La X denota la direzione degli obiettivi terapeutici

Prima dimensione: livello di arousal

La prima dimensione indica se un survivor tende a essere altamente attivato (iper-arousal) o, al contrario, praticamente spento (ipo-arousal), o se invece si posiziona in una via di mezzo. Questa dimensione include aspetti multipli di esperienza, compreso l’affetto, gli stati somatici, cognizioni/attribuzioni di pensiero e comportamenti. Una persona che è in uno stato di iper-arousal tende a essere maggiormente ansiosa, stressata o arrabbiata; il sistema nervoso simpatico è a lavoro; i pensieri sono a carattere attivante e i comportamenti tenderanno a essere impulsivi del tipo attacco-o-fuga. Al contrario, una persona in uno stato di ipo-arousal tenderà a un umore depresso o a un ottundimento emotivo; il sistema nervoso parasimpatico sarà attivato; i temi ricorrenti di pensiero saranno mancanza di speranza e di aiuto e i comportamenti saranno di evitamento o di tipo accondiscendente.

Seconda dimensione: permanenza nello stato regolatorio

Riguardo la permanenza nello stato regolatorio, alcune persone esperiscono maggiore instabilità nei loro stati, mentre altre hanno una modalità più costante, con stabilità nel loro umore, negli stati somatici, nei pensieri e nei comportamenti. E’ bene precisare che coloro i quali hanno una maggiore costanza non sono necessariamente persone con una buona regolazione: potrebbero avere, infatti, difficoltà ad adattarsi ai bisogni dell’ambiente, o potrebbero essere costantemente in uno stato di iper o di ipo arousal. Le persone maggiormente instabili tendono a vacillare tra uno stato di iperarousal e uno di ipo-arousal con una conseguente difficoltà a mantenere una stabilità nelle proprie vite. Nel mezzo di questo continuum vi è un sistema regolatorio più flessibile che è in grado di rendere la persona maggiormente adattabile ai bisogni dell’ambiente restando in uno stato di omeostasi.

Terza dimensione: direzione delle espressioni di sofferenza

La direzione dell’espressione di sofferenza si riferisce al modo in cui questa si manifesta e se tende a essere diretta internamente o esternamente. Le persone che manifestano una direzione più a carattere internalizzante hanno maggiori probabilità di esperire sofferenza attraverso stati emotivi focalizzati su di sé come ansia e depressione, lamentele somatiche e pensieri di auto-colpevolizzazione.

Al contrario, coloro che manifestano una direzione più a carattere esternalizzante proveranno emozioni maggiormente dirette verso gli altri, come la rabbia, e metteranno in atto comportamenti quali aggressioni, abuso di sostanze o autolesionismo. Le persone caratterizzate dagli aspetti esternalizzanti possono, allo stesso tempo, disconnettersi dalla propria consapevolezza interna includendo aspetti somatici od ottundimento emotivo. L’obiettivo del terapeuta in questo caso sarà di aiutare i pazienti a imparare a sentire e stare con più emozioni nello stesso tempo, piuttosto che mantenere uno stile rigido verso un estremo o l’altro.

Quarta dimensione: livello di controllo

La dimensione regolatoria finale, il grado di controllo, si riferisce all’approccio di una persona all’auto-regolazione. Chi è altamente controllato prova a dare ordini ai propri stati regolatori. Questo si manifesta attraverso tentativi atti a frenare, negare, o alterare le proprie emozioni, i propri stati somatici, pensieri, o comportamenti. Al contrario, un approccio non controllato comporta un atteggiamento passivo nei confronti della regolazione dando così libero sfogo agli stati regolatori. In un approccio più bilanciato, le persone sono in grado sia di accettare il proprio attuale stato (anche se è spiacevole o disregolato) e lavorare attivamente alla regolazione, assumendo così un atteggiamento definito “accettazione attiva”.

Uno sguardo alla clinica: aspetti legati alla sicurezza e ai comportamenti ad alto rischio

Una delle caratteristiche del trauma, presente nella descrizione diagnostica del PTSD del DSM-5, è il comportamento impulsivo o ad alto rischio. Quando una persona è fortemente disregolata, la sicurezza è un aspetto clinico di primaria importanza e costante nel tempo.

La rabbia in condizione di dissociazione può emergere attraverso comportamenti aggressivi verso gli altri. L’odio rivolto a se stessi o la disperazione possono essere espressi attraverso comportamenti di autolesionismo, abuso di sostanze, gesti suicidari o tentativi di suicidio. La disregolazione legata alle relazioni può manifestarsi con comportamenti sessuali a rischio o relazioni violente. Questi comportamenti sono quasi sempre finalizzati a ridurre o eliminare l’intenso dolore interno, a volte intollerabile, che il paziente sta provando in quel momento. Per esempio, i comportamenti di autolesionismo e l’uso di sostanze tendono a indurre stati dissociativi che spesso portano sollievo immediato dal dolore. Tali comportamenti possono poi creare dipendenza a causa del fatto che riescono a ridurre emozioni intollerabili, nonostante la persona sappia le conseguenze a cui va incontro.

Nell’affrontare gli aspetti relativi alla sicurezza, la CBP (Component – Based Psychotherapy) enfatizza un equilibrio tra consapevolezza riflessiva e azione da parte del clinico. In caso di rischi più imminenti, il terapeuta può aver bisogno di intervenire a livello del contesto per assicurare un ambiente che favorisca la sicurezza fisica della persona, arrivando anche a proporre un’ospedalizzazione presso il reparto di psichiatria o un ricovero in caso di disintossicazione. Lo scopo in queste situazioni è creare provvedimenti d’urgenza per prevenire comportamenti impulsivi anche letali, fino a che la persona non diventi più regolata. Anche in questi casi, la componente relazionale è essenziale nel provare a fare un piano collaborativo con il paziente, mettendolo in grado di fare scelte che lo facciano restare al sicuro.

In altri casi, l’azione del terapeuta si focalizzerà sul rafforzamento della componente regolatoria o sull’impegno nel coinvolgere quelle parti del paziente che vogliono rimanere al sicuro.

Questi aspetti legati alla sicurezza possono provocare nel terapeuta momenti di disregolazione. Indipendentemente dalla risposta comportamentale, se il terapeuta sarà grado di coltivare la propria capacità a tollerare le reazioni che i comportamenti ad alto-rischio spesso creano, avrà un maggiore potenziale per fungere da co-regolatore rispetto al disagio provato alla base dei comportamenti ad alto rischio presentati dal paziente.

Riferimenti bibliografici

  • Hopper, E.K., Grossman, F.K., Spinazzola, J., Zucker, M. (2019). Treating Adult Survivors of Childhood Emotional Abuse and Neglect. Component-Based Psychotherapy. The Guilford Press: New York

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