Le malattie croniche in età evolutiva

Le malattie croniche in età evolutiva

Infanzia e malattie croniche

La nascita di un bambino porta con sé pensieri e fantasie, rendendo concreto per l’adulto il passaggio ad un nuovo ruolo nel sistema familiare, quello di genitore. Il momento in cui viene formulata una diagnosi di una patologia in età pediatrica costituisce per il genitore qualcosa di profondamente inatteso, inaccettabile e sconvolgente.

Nel corso degli ultimi anni, la numerosità di patologie croniche in età pediatrica è aumentata considerevolmente, con una prevalenza stimata in Italia di 1:200 nella fascia d’età 0-16 anni (Piano Nazionale della Cronicità, Ministero della Salute). La diagnosi di una patologia cronica in età evolutiva rappresenta un importante fattore di rischio per il benessere psicologico dell’intero nucleo familiare (Pop-Jordanova, 2023). L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce “malattia cronica” l’insieme di patologie in genere con esordio in età giovanile caratterizzate da un progressivo declino delle funzioni fisiologiche, che richiedono un trattamento continuo lungo l’arco della vita. La cura dei pazienti con cronicità, non potendo essere rivolta alla guarigione, è finalizzata a migliorare del quadro clinico del paziente, riducendo l’espressione sintomatologica della patologia e incrementando quanto possibile la qualità di vita del soggetto (Piano Nazionale della Cronicità, Ministero della Salute). Fra queste ritroviamo: malattie genetiche, cardiopatie, patologie respiratorie croniche e dell’apparato gastrointestinale, diabete, malattie oncologiche, disturbi muscolo-scheletrici e problematiche relative alla salute mentale.

Il piccolo paziente

I bambini e gli adolescenti possono incontrare l’esperienza dell’ospedalizzazione in molti modi differenti, nel corso della loro vita: patologie congenite, acute, croniche. In ogni fase di sviluppo l’incontro con l’ospedale viene vissuto in maniera differente. Numerosi studi hanno sottolineato la centralità della comunicazione e del supporto familiare nell’impatto che la diagnosi di una patologia cronica possiede sullo sviluppo (Schuchard et al., 2022). Spesso la comunicazione relativa alla malattia e alla gestione della stessa coinvolge in maniera esclusiva l’equipe medica e i genitori, riguardando quindi solo gli adulti. È necessario che la comunicazione coinvolga il prima possibile anche il piccolo paziente (Wijngaarde et al., 2021). Ogni momento dello sviluppo richiederà contenuti e un linguaggio in linea con la fase evolutiva che il piccolo paziente sta attraversando. Essere ascoltati e dare significato alle diverse situazioni che il bambino è chiamato a vivere aiuta lo stesso a costruire un’esperienza coerente e a sentirsi al sicuro. Tali aspetti risultano fondamentali nel processo di adattamento e accettazione della diagnosi, costituendo un fattore di protezione nelle successive fasi evolutive che possono essere caratterizzate da maggiori criticità, come l’adolescenza (Brady, Deighton & Stansfeld et al., 2021).

Già a partire dall’infanzia, possono essere comuni l’insorgenza di sintomi d’ansia e di depressione, tendenza all’iperattività e difficoltà attentive, difficoltà nell’aderenza al piano terapeutico previsto per la patologia di base. Talvolta le necessità cliniche possono limitare la partecipazione ad attività  che siano in linea al grado di sviluppo del bambino o del ragazzo; tale aspetto può associarsi alla percezione di una qualità di vita globalmente bassa e a un incrementato stress, tendenza all’isolamento sociale e ridotta autostima, con conseguente effetto anche sul rendimento e impegno scolastico.

I genitori

Le reazioni emozionali che possono accompagnare il momento della diagnosi sono caratterizzate da rabbia, paura e disorientamento (Pop-Jordanova, 2023). È comune nei genitori la sensazione di non essere in grado di far fronte con le proprie risorse a quanto la nuova condizione richiede. Numerosi fattori stressogeni sono presenti in questa fase, quali la necessità di comprendere gli aspetti medici associati alla diagnosi, la comunicazione di quest’ultima al bambino, la gestione delle terapie a casa, l’accudimento degli altri figli, la gestione della vita quotidiana e della propria attività lavorativa (Baker et al., 2022) Ambienti nuovi, regole nuove, logiche diverse e un’ombra pesante e minacciosa, la malattia, che sembra improvvisamente mettere in forse le prospettive e la possibilità di una vita futura (D’Alberton, 2018).

Nel corso del primo anno di vita del bambino, il benessere psicologico genitoriale, e in particolare quello materno, è soggetto a continue fluttuazioni consistenti in calo del tono dell’umore, sviluppo di una sintomatologia ansiosa e aumento dei livelli di stress percepito nell’esercizio delle funzioni genitoriali (Christian, 2022). Questi aspetti sembrano essere associati a lungo termine a una ridotta aderenza ed efficacia delle terapie mediche previste (Quittner et al., 2014; Schechter et al., 2021). A ciò si aggiunge uno stile genitoriale caratterizzato spesso dalla tendenza a un’eccessiva protezione e dalla percezione del proprio bambino come costantemente “a rischio”, con possibili effetti sulla relazione genitore-bambino e sulle prospettive di sviluppo nell’infanzia (Morawska et al., 2023).

Riconoscendo il determinante contributo delle variabili familiari al benessere del bambino affetto da una patologia cronica, la ricerca si è focalizzata negli ultimi decenni sulla pianificazione di interventi atti a sostenere il paziente e il nucleo familiare (Ruskin et al., 2021; Jones et al., 2022; Geirhos et al., 2021; Muñeton-Castaño, Hull & Graham, 2022), supportando la genitorialità nel processo di adattamento ed elaborazione della diagnosi.

L’opportunità per i genitori di poter usufruire il più precocemente possibile di uno spazio d’ascolto dedicato è di primaria importanza. Una presa in carico precoce ed efficace che abbia cura del benessere psicologico genitoriale, permette di identificare e sostenere le risorse proprie del nucleo familiare tutto, funzionali a una migliore gestione della condizione di malattia. Nell’accompagnare i genitori in questo percorso, lo psicologo sostiene loro nel ridefinire e narrare assieme una nuova storia familiare, dove è presente anche la malattia, promuovendo l’integrazione di vissuti affettivi e cognitivi.

I fratelli e le sorelle

Ogni membro della famiglia è coinvolto direttamente nell’esperienza della diagnosi di una patologia cronica. Improvvisamente il bambino malato e i genitori sono costretti a trascorrere in ospedale periodi di tempo prolungati, ripetuti, della durata non sempre prevedibile.

E chi rimane a casa?

I fratelli e le sorelle del bambino con diagnosi di malattia cronica percepiscono un cambiamento repentino nell’organizzazione familiare. Questo momento di forzata separazione dagli affetti è spesso caratterizzato da emozioni come la paura e la sofferenza; possono farsi spazio anche altre emozioni come la gelosia verso il paziente che “accentra” tutte le attenzioni degli adulti e, talvolta, il senso di colpa, sentendosi responsabili di quanto sta accadendo. Sono frequenti alterazioni comportamentali, rabbia dirompente, un ridotto rendimento scolastico (Martinez et al., 2022; Piquard, 2023). Anche in questo ambito, la comunicazione acquista un ruolo centrale: ricevere informazioni semplici che possano essere comprese e discusse contribuisce positivamente a un favorevole processo di adattamento.

Un esempio di malattia cronica: la Fibrosi Cistica

La fibrosi cistica (FC) è una malattia genetica fra le più diffuse e gravi. Il suo quadro clinico è caratterizzato da considerevole gravità; le sue manifestazioni cliniche sono infatti varie e riguardano diversi organi del corpo umano, interessando in misura maggiore l’apparato respiratorio (polmoni e vie aeree superiori), l’apparato gastrointestinale e quello riproduttivo (Endres et al., 2022). L’evoluzione clinica è generalmente condizionata dalle complicanze di tipo respiratorio che rappresentano la più frequente causa di decesso.  Le recenti evoluzioni delle metodiche diagnostiche, con la possibilità di accedere a programmi di screening precoce, e i progressi nelle terapie hanno condotto a significativi miglioramenti nella presa in carico di pazienti con FC (Endres et al., 2022).

Fin dall’età pediatrica, il nucleo familiare è chiamato a confrontarsi con complesse e impegnative cure quotidiane, che vengono effettuate regolarmente dalla famiglia e in seguito eseguite direttamente dal paziente. Queste non si limitano alle sole terapie farmacologiche, ma comprendono anche la fisioterapia respiratoria, l’attività fisica e un’attenta riorganizzazione delle abitudini alimentari.

Contributi scientifici noti alla letteratura internazionale hanno descritto come nelle persone affette da FC e nei loro caregiver il rischio di sviluppare sintomi depressivi e ansiosi sia fino a tre volte maggiore rispetto alla popolazione generale. Un regolare monitoraggio e screening della salute mentale è fortemente raccomandato (Quittner et al., 2014; Verkleij et al., 2021; Graziano et al., 2023)

Al momento della diagnosi e nei primi anni di vita l’intervento psicologico coinvolge principalmente la coppia genitoriale. È auspicabile che, specie nel primo anno di vita, i colloqui clinici siano maggiormente frequenti e regolari. La coppia viene supportata nell’elaborazione dei vissuti emotivi che caratterizzano il momento presente, sostenendo il suo adattamento nel nuovo ruolo genitoriale e favorendo per il bambino traiettorie di sviluppo psicologico, affettivo e relazione il più favorevoli possibile, nonostante la presenza malattia. L’intervento include il prima possibile anche il piccolo paziente stesso. Oltre ad un lavoro psicoeducativo, volto a favorire una precoce conoscenza della patologia e di tutte le necessità a questa associate (Kimball et al., 2023), l’intervento psicologico con il bambino ha l’obiettivo di sostenere un favorevole processo di adattamento alla diagnosi, attraverso il colloquio, il gioco, il disegno. Tale aspetto si configura come essenziale anche nelle fasi evolutive seguenti, che possono essere caratterizzate da differenti criticità, come l’adolescenza (Brady et al, 2021; Määttä et al., 2022).

Problematiche relative alla salute mentale possono insorgere durante l’infanzia e l’adolescenza e persistere in età adulta; se non trattate, possono associarsi a outcome clinici sfavorevoli, fra i quali: ridotta funzionalità respiratoria, un numero maggiore di ospedalizzazioni, ridotta aderenza al piano terapeutico previsto per patologia e un peggioramento della qualità di vita globale (Kimball et al., 2022).

La possibilità di affiancare al percorso clinico un parallelo supporto psicologico appare come un aspetto essenziale della presa in carico del paziente con FC, fin dal momento della formulazione della diagnosi e nelle successive fasi di crescita e sviluppo, con un regolare monitoraggio della salute mentale (Quittner et al., 2023).

Il ruolo dello psicologo in presenza di malattia cronica

Il ruolo dello psicologo è quello di offrire la possibilità al bambino e ai suoi familiari di comprendere meglio ed elaborare i vissuti associati alla diagnosi, nel lento percorso di adattamento ad una nuova condizione di vita che includa anche la malattia. In caso di presenza di sintomi psicopatologici avrà anche la funzione di cura, in una presa in carico che prevede la l’intero nucleo familiare.

Nello specifico, il professionista può effettuare:

  • Valutazione psicodiagnostica per misurare la presenza e la gravida di aspetti psicopatologici  come per esempio i sintomi legati all’ansia, o alla depressione.
  • Valutazione che miri alla misurazione  di altri aspetti associati alla gestione della malattia cronica: adattamento alla malattia, qualità di vita, aderenza al piano terapeutico previsto per la condizione clinica di base
  • Colloqui clinici di supporto individuali con i pazienti
  • Colloqui clinici di supporto alla genitorialità/ad altri caregiver coinvolti
  • Psicoterapia rivolta al bambino e ai familiari

Bibliografia

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