La Terapia Cognitivo Comportamentale è l’intervento che ha fornito la maggiore dimostrazione di efficacia nel trattamento dei disturbi d’ansia e, in particolar modo, del disturbo da attacchi di panico.
L’efficacia clinica della Terapia Cognitivo Comportamentale è confermata dalle alte percentuali di risoluzione (superiori anche alla farmacoterapia) e rappresenta un fattore protettivo per le ricadute a lungo termine.
Il modello cognitivo afferma che non è la situazione in sé a spaventare le persone, ma il modo in cui queste interpretano quella determinata situazione.
Non sono, quindi, gli eventi a provocare quello che sentiamo, ma il modo in cui li vediamo e li gestiamo, attraverso i nostri pensieri (Beck, 2013).
Il pensiero influenza continuamente le nostre reazioni corporee, quindi, il pensiero, ad esempio, di poter avere un attacco di panico induce uno stato di ansia che, a sua volta, porterà alla comparsa di ulteriori sintomi fisici e i pensieri negativi innescheranno il circolo vizioso, andando a determinare gli effetti sul nostro corpo.
Per la Terapia Cognitivo Comportamentale il coinvolgimento del paziente è attivo e determinante nella nascita e nella persistenza dell’attacco, che è frutto di un processo continuamente rinforzato da molti aspetti, su cui si ha più controllo di quanto si non creda. Dal momento che la tendenza a usare le proprie emozioni come fonte di informazione e valutazione costituisce un meccanismo fondamentale nei disturbi d’ansia, il vero problema è il modo in cui si interpreta la propria stessa ansia.
Il circolo vizioso del panico
I pensieri catastrofizzanti fanno sì che le persone con attacchi di panico interpretino erroneamente i sintomi dell’ansia e li vedano come dei reali pericoli. Uno dei primi obiettivi della Terapia Cognitivo Comportamentale è aiutare il paziente a capire che gli sgradevoli sintomi fisici che prova durante l’attacco di panico sono solo una conseguenza dell’ansia. Non sono, dunque, pericolosi: nulla di quello che teme accadrà veramente.
Il terapeuta spiega al paziente il circolo vizioso del panico proprio per evidenziare il ruolo delle sue interpretazioni nella genesi e nel mantenimento dei successivi attacchi di panico. Questa consapevolezza aiuta a interrompere il circolo vizioso dell’ansia ed evita un peggioramento delle sensazioni fisiche spiacevoli.
Si invita a prestare attenzione a cosa si pensa nel momento in cui si diventa ansiosi e alle sensazioni fisiche che si provano, perchè potrebbero essere dovute ad altri fattori (stanchezza, troppa caffeina, stress, aver mangiato troppo, aver dormito poco, ecc.).
Ci si può chiedere: “Prima di focalizzare l’attenzione su quella parte del corpo, ero consapevole delle sensazioni fisiche?” “Quando ho focalizzato l’attenzione sulle sensazioni, cosa è accaduto?” “Ho notato sensazioni di cui non ero mai stato consapevole, concentrando l’attenzione su alcune parti del corpo? Ciò potrebbe aver contribuito all’attivazione e al mantenimento del circolo vizioso?” Se in una situazione ansiogena si avvertono dei sintomi fisici molto forti e si pensa “Sto diventando pazzo”, si può sostituire questo pensiero con “Sto solo sperimentando sintomi fisici forti, non ho alcuna ragione di ritenere che sto impazzendo”. Oppure, il pensiero “Sto per avere un infarto”, può essere sostituito con “È solo il battito del mio cuore, già altre volte è stato accelerato”.
Quando si provano delle sensazioni fisiche che vengono interpretate come pericolose, si suggerisce di pensare che possano dipendere da:
- una risposta fisiologica, non pericolosa, all’aumento dell’ansia
- una reazione normale allo stress
- la conseguenza di un esercizio fisico
- la fatica
- gli effetti collaterali della nicotina, del caffè, dell’alcool o dei farmaci
- un’accresciuta vigilanza alle sensazioni corporee
- forti emozioni quali rabbia, sorpresa o eccitazione
- il verificarsi casuale di processi biologici interni benevoli (ad es. prossimità del ciclo mestruale, mal di pancia, ecc.).
L’esposizione enterocettiva
Il secondo step del trattamento cognitivo comportamentale del disturbo di panico consiste negli esercizi di esposizione enterocettiva (esposizione alle sensazioni fisiche). L’obiettivo è quello di dimostrare al paziente che può stare coi sintomi.
Gli esercizi di esposizione enterocettiva servono a suscitare proprio le sensazioni corporee simili a quelle che si manifestano spontaneamente in caso di ansia. Indurre volontariamente i propri sintomi vuole contraddire l’abitudine a sfuggirli ed evitarli perché considerati pericolosi. L’obiettivo è, quindi, quello di mettere il paziente nelle condizioni di affrontare un episodio di tachicardia o vertigine e di superarlo senza ricorrere a mezzi di evitamento o fuga. Alla fine si impara che si tratta di episodi forse sgradevoli, ma certamente non pericolosi o mortali. E si è, quindi, in grado di affrontarli e di gestirli. Si suggerisce di continuare a eseguire gli esercizi, finché la forza dei pensieri catastrofici non sia diminuita e sia, invece, significativamente aumentata quella dei pensieri non catastrofici.
Durante il percorso di Terapia Cognitivo Comportamentale per il trattamento del disturbo da attacchi di panico, una fase importante è quella che prevede l’esecuzione degli esperimenti comportamentali per l’induzione dei sintomi in seduta. Gli esperimenti comportamentali giocano un ruolo particolarmente importante nel trattamento del panico. Il risultato dell’esperimento viene osservato, monitorato e registrato, alla ricerca di prove a favore della spiegazione catastrofica e delle interpretazioni alternative delle sensazioni fisiche.
Questi esperimenti forniscono la prova che le sensazioni fisiche di per sé non conducono automaticamente al panico. (“…anche quando sono ansioso, aumentare il mio battito cardiaco correndo per le scale non aumenta il mio livello d’ansia”..) e permettono di scoprire che il modo in cui vengono interpretati i sintomi determina se l’ansia esita in panico oppure no ( “Quando so che il mio cuore batte forte a causa dell’esercizio fisico, non mi sento ansioso”). Sperimentare che non si producono le conseguenze temute (pazzia, collasso, morte, ecc.) fa diminuire la forza dei pensieri catastrofici.
Oltre agli esperimenti effettuati durante le sedute, una componente importante del trattamento è l’esecuzione degli esercizi a casa, anche nei giorni in cui la persona può sentirsi particolarmente ansiosa o propensa al panico.
L’esposizione graduata in vivo per gli evitamenti agorafobici
Poiché molti individui con il disturbo di panico mostrano forme quanto meno lievi di evitamento agorafobico, l’esposizione graduata in vivo è una componente fondamentale della Terapia Cognitivo Comportamentale per il disturbo di panico. Quando l’evitamento agorafobico è grave, l’esposizione in vivo deve essere introdotta nel trattamento il prima possibile, al fine di creare l’abituazione ai sintomi e a mettere in discussione le cognizioni e le credenze catastrofiche del soggetto agorafobico.
Anche in questo caso lo psicoterapeuta saprà preparare e guidare il paziente in questa fase del trattamento che, solitamente, determina un’intensa paura, anche prima che l’esposizione stessa abbia inizio, per l’aspettativa di star male, per la “paura della paura”.
Nell’esposizione graduata in vivo il terapeuta aumenta gradualmente il livello di ansia in modo che il soggetto possa realizzare di essere in grado di gestire la situazione, persino con stati d’ansia elevati. Se il paziente non fugge, o non evita l’esposizione, la reazione ansiosa potrà toccare un picco, ma poi si ridurrà spontaneamente e il paziente, nel tempo, si troverà a fronteggiare le situazioni in precedenza temute, senza provare più panico.
Quando si riuscirà a sentirsi tranquilli in situazioni da cui fino a prima si fuggiva ci sarà una reazione che, sotto molti aspetti, può essere considerata un decondizionamento che avrà come conseguenza quella di modificare le aspettative catastrofiche del paziente.
Durante l’esposizione, lo scopo sarà quello di rimanere nella situazione ansiogena senza ricorrere a evitamenti e comportamenti protettivi, imparando ad accettare i sintomi corporei che mettono tanta paura, anche con l’aiuto della Mindfulness.
Ecco qualche strategia per condurre un’esposizione di successo, all’interno di un piano di trattamento altamente efficace:
- Modificare i pensieri catastrofici relativi al pericolo, anche ricorrendo a questo tipo di domande: “Hai avuto molti attacchi di panico. Come mai le conseguenze terribili che temi non si sono mai verificate?”, “La tua idea è vera?”, “E’ utile mantenere queste convinzioni?”, “Stai prevedendo il futuro in maniera catastrofica o sono dei fatti reali?”
- Focalizzarsi sui sintomi fisici, come la tensione muscolare, le palpitazioni cardiache, la nausea o il respiro corto permetterà di accettarli, anche attraverso gli esercizi di Mindfulness, di abbracciarli e di fare pratica di essi per quello che sono, ovvero un normale incremento dell’attivazione fisica, al pari di quando si fa una corsa o si va in palestra. Quindi sicuri e innocui, se pur sgradevoli.
- Cercare prove che la situazione o lo stimolo non è pericoloso come si pensa. Quali caratteristiche della situazione indicano che non c’è un pericolo?
- Controllare il proprio respiro. Alcune persone trovano molto utile focalizzarsi sul respiro e farlo scendere a 8-12 respiri al minuto. E’ importante assicurarsi di non iperventilare o di non fare respiri corti e superficiali.
- Provare a visualizzarsi lentamente mentre ci si prepara ad affrontare con successo l’esposizione prima o quando si è in procinto di iniziarla.
Cercare di mantenersi attivi durante l’esposizione, ad esempio camminando o muovendosi in giro
La ristrutturazione cognitiva
Dopo aver contrastato la tendenza del paziente a evitare di provare ansia e di tollerarne i sintomi, si procede alla ristrutturazione cognitiva, che svolge due funzioni nella Terapia Cognitiva del Panico: introduce un’evidenza contraria alle interpretazioni catastrofiche errate e offre una spiegazione alternativa alle sensazioni interne. Tutto questo con tecniche semplici che il paziente apprende facilmente.
È spesso utile cominciare la ristrutturazione cognitiva con una descrizione molto chiara degli esiti catastrofici più temuti e poi generare una lista di possibili spiegazioni alternative per le sensazioni fisiche. L’obiettivo della ristrutturazione cognitiva per i soggetti con panico è quello di realizzare che la loro ansia e i loro sintomi siano dovuti alle convinzioni errate che certe sensazioni fisiche sono pericolose, che avranno un esito nefasto, che saranno insopportabili e ingestibili, che sarà impossibile controllarle e resistervi, ecc. Il terapeuta e il paziente troveranno delle risposte alternative a queste interpretazioni, tramite svariate tecniche di ristrutturazione cognitiva.
Le sensazioni fisiche in realtà possono dipendere da:
- Una risposta fisiologica, non pericolosa, all’aumento dell’ansia
- Una reazione allo stress
- Conseguenza di un esercizio fisico
- Fatica
- Effetti collaterali del caffè, dell’alcool o dei farmaci
- Un’accresciuta vigilanza alle sensazioni corporee (attenzione selettiva)
- Forti emozioni quali rabbia, sorpresa, o eccitazione
- Verificarsi casuale di processi biologici interni benevoli (ad es. prossimità del ciclo mestruale, mal di pancia, etc.)
Prevenzione delle ricadute
Infine, nella prevenzione delle ricadute, il terapeuta fa scrivere o scrive insieme al paziente quanto è stato appreso durante il trattamento, riguardo le cause del panico, i fattori di mantenimento, e i modi usati per superare il problema. Nel summarize (riassunto) verrà scritto, sotto la guida del terapeuta, cosa fare se i sintomi fisici inattesi si verificano o se il soggetto sperimenta una ricomparsa dell’ansia. Si dovrà, infine, chiedere al paziente di valutare, su una scala da 0 a 100, quanto sarebbe penoso per lui in futuro avere attacchi di panico. In questo modo è possibile prendere consapevolezza anche di eventuali problemi non ancora risolti.
Dal momento che abbiamo visto quanto sia determinante il ruolo dello stress nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo di panico, è fondamentale adottare uno stile di vita sano e all’insegna della salute. Quindi, si privilegerà un’alimentazione corretta, si dormirà un numero adeguato di ore, si farà attività fisica e si praticherà la Mindfulness o Mindfulness Yoga per tenere bassi i livelli di stress e ridurre così la possibilità di avere nuovi attacchi di panico.
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