- Cos’è l’insonnia
- Cosa vuol dire “dormire poco”?
- L’insonnia è un disturbo a sé stante
- I sintomi dell’insonnia
- Quali sono le cause?
- Quanto è diffusa l’insonnia?
- Le diverse forme dell’insonnia
- Come avviene la diagnosi?
- Quali sono le conseguenze?
- Il trattamento psicoterapeutico per l’insonnia
- Il trattamento farmacologico
- Approfondimenti
- Riferimenti bibliografici
Cos’è l’insonnia
L’insonnia può essere definita come una reiterata difficoltà ad iniziare e/o mantenere il sonno, tale che esso risulta di durata e/o qualità insoddisfacente.
In particolare, chi soffre di insonnia, riferisce uno o più dei seguenti disturbi relativi al sonno:
- difficoltà all’addormentamento,
- difficoltà a mantenere il sonno,
- risvegli precoci al mattino
- un sonno cronicamente non ristoratore o di scarsa qualità.
In aggiunta ai sintomi notturni, nella maggior parte dei casi, sono presenti anche sintomi diurni, quali ad esempio:
- fatica,
- irritabilità,
- sonnolenza,
- disturbi dell’umore
- difficoltà di apprendimento/memoria.
Cosa vuol dire “dormire poco”?
La quantità di sonno necessaria a ciascuno di noi per sentirsi riposati è assolutamente soggettiva, e varia da persona a persona. Infatti, esistono soggetti detti “brevi dormitori” che hanno bisogno di poche ore di sonno per sentirsi riposati (5 ore o meno) e “lungo dormitori” che hanno bisogno di un sonno di lunga durata (almeno 10 ore) per sentirsi riposati ed efficienti lungo la giornata. Il riconoscimento dell’ipnotipo (breve, normale o lungo dormitore) è fondamentale nella valutazione di un paziente che lamenta disturbi di vigilanza e consente di evitare false diagnosi e relative terapie inopportune.
È comunque possibile definire, a grandi linee, un quantitativo di ore di sonno consigliabili in relazione all’età. In base a questo, la National Sleep Foundation ha pubblicato uno schema indicativo del massimo e del minimo delle ore di sonno suggerite per ogni fascia d’età:
A prescindere dal numero specifico di ore dormite, possiamo in ogni caso dire di avere un problema d’insonnia solo quando un riposo non soddisfacente limita le nostre capacità fisiche e mentali durante la giornata, per un periodo abbastanza lungo.
L’insonnia è un disturbo a sé stante
È tradizione, sia in medicina che in psicologia, pensare all’insonnia come a un sintomo e non come a un disturbò in sé. Per questo motivo l’obiettivo del trattamento è stato individuato quasi sempre in quei fattori che potevano sottendere l’insonnia e che ne producevano la sintomatologia. Trattando efficacemente quei fattori (ansia, stress, preoccupazioni), i cosiddetti disturbi primari, si sarebbe verificato di conseguenza anche il miglioramento dell’insonnia.
Questa prospettiva è stata messa in discussione nell’ambito della ricerca sul sonno per le seguenti acquisizioni scientifiche:
- l’insonnia rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi psichici di nuovo esordio
- l’insonnia spesso non si risolve nonostante siano state superate con successo condizioni psicopatologiche primarie
- l’insonnia è un fattore di rischio per le recidive ricorrenti di disturbi psicologici,
- la terapia cognitivo comportamentale per l’insonnia (CBT-I) si è rivelata efficace contro l’insonnia che si presenta in comorbilità con altre psicopatologie così come contro l’insonnia primaria
- trattamenti specifici con CBT-I hanno dimostrato di produrre miglioramenti in quelli che precedentemente erano considerati disturbi primari (Depressione e dolore cronico).
Su queste basi, il DSM 5 classifica il Disturbo dell’Insonnia (Insomnia Disorder) come un disturbo a sé stante, con la specifica delle eventuali condizioni cliniche di comorbilità, al posto della vecchia distinzione tra Insonnia Primaria e Insonnia correlata ad altri disturbi medici o psichici.
I sintomi dell’insonnia
Si può parlare di insonnia se sono presenti i seguenti sintomi:
- Uno o più dei seguenti disturbi relativi al sonno:
- Difficoltà all’addormentamento
- Difficoltà a mantenere il sonno
- Risvegli precoci al mattino
- Sonno cronicamente non ristoratore o di scarsa qualità
- Le difficoltà riportate di sopra si presentano nonostante l’opportunità e le circostanze adeguate per il sonno.
- E’ presente almeno uno dei seguenti disagi diurni conseguenti a un sonno disturbato:
- Fatica/malessere
- Difficoltà nell’attenzione, concentrazione o nella memoria
- Disfunzioni sociali/professionali o scarse performance scolastiche
- Disturbi dell’umore/irritabilità
- Sonnolenza diurna
- Riduzione della motivazione, energia e iniziativa
- Disposizione a errori/incidenti sul lavoro o alla guida
- Tensione, mal di testa, sintomi gastrointestinali in risposta a perdita del sonno
- ansia o preoccupazioni per il sonno
Quali sono le cause?
Tra i fattori ritenuti causa dell’insorgenza del disturbo, gli eventi stressanti sono riportati nell’80% dei casi, seguiti da problemi fisici, inadeguata igiene del sonno e fattori ambientali.
I soggetti che sviluppano insonnia:
- sono caratterizzati da una serie di fattori predisponenti (familiarità, stile cognitivo ipervigile)
- l’esordio del disturbo sarebbe dovuto all’occorrenza di fattori precipitanti (eventi stressanti, problemi familiari/lavorativi/di salute)
- il mantenimento è la conseguenza di fattori perpetuanti, ovvero tutti quei comportamenti disfunzionali messi in atto per la paura di non riuscire a dormire o per compensare la perdita di sonno (ad es. sonnellini diurni), che combinati a credenze negative (paura di non riuscire a dormire, ansia) mantengono nel tempo un problema che altrimenti si sarebbe risolto, e avrebbe avuto una durata limitata nel tempo.
Quanto è diffusa l’insonnia?
L’insonnia è una condizione molto diffusa: si stima che circa un terzo della popolazione nei paesi industrializzati abbia presentato, almeno una volta nella vita, un disturbo del sonno e tra questi il 10% ha avuto problemi di insonnia.
L’Associazione Italiana di Medicina del Sonno (AIMS), in collaborazione con i Medici di Medicina Generale, ha condotto una importante indagine, denominata “Progetto Morfeo”, con l’obiettivo di ottenere informazioni sull’epidemiologia dell’insonnia nei pazienti che si recavano presso gli ambulatori dei medici di famiglia. Su un campione di 3200 soggetti adulti, il 64% riportava problemi di insonnia, e tra questi circa il 40% aveva anche sintomi diurni in associazione a quelli notturni.
Il disturbo sembra essere maggiormente presente nelle donne rispetto agli uomini e nei pensionati/disoccupati rispetto a coloro che svolgono una regolare attività lavorativa.
Le diverse forme d’insonnia
Possiamo distinguere due tipologie di insonnia: situazionale e acuta.
- Parliamo di insonnia situazionale quando questa dura pochi giorni o settimane (meno di tre mesi in ogni caso) ed associata a eventi o periodi particolarmente stressanti, a dolore cronico o all’abuso di sostanze stupefacenti. In questo caso, di solito, la scomparsa del fattore scatenante determina una remissione del disturbo.
- L’insonnia è acuta se perdura da più tempo (almeno 6 mesi). In questo caso l’intervento deve essere tempestivo al fine di avere una prognosi migliore e più rapida.
La gravità del disturbo non è assolutamente derivata dal numero di ore di sonno, perché la quantità di sonno “giusta” per ognuno di noi è assolutamente soggettiva. Al contrario, la frequenza degli episodi, il tempo impiegato ad addormentarsi, la quantità di risvegli e la difficoltà a riaddormentarsi ci forniscono una indicazione chiara sulla severità del disturbo.
Come avviene la diagnosi?
La diagnosi avviene sulla base della storia clinica riferita dal paziente, e può avvalersi dell’utilizzo di questionari specifici, che forniscono un’indicazione più precisa circa le caratteristiche, la durata e l’eventuale comorbidità con altri disturbi. La polisonnografia o l’actigrafia, sono indicate nel caso si sospetti la presenza di un’altra patologia sottostante il disturbo, ad esempio, disturbi del movimento o apnee in sonno, che possono portare a similitudini nella sintomatologia diurna e determinare risvegli notturni o difficoltà di addormentamento (vedi sindrome delle gambe senza riposo).
Quali sono le conseguenze?
Le conseguenze dell’insonnia, specie se non trattata, possono essere anche piuttosto gravi. La sonnolenza diurna, ad esempio, può causare incidenti, malumori, difficoltà sul lavoro e nel gestire le relazioni personali e affettive. Chi soffre di insonnia, può quindi iniziare a riportare problemi sul lavoro, a scuola e in famiglia e può essere facilmente irritabile.
Il trattamento psicoterapeutico per l’insonnia
Il trattamento dell’insonnia ha come obiettivo primario quello di migliorare la qualità/quantità del sonno e i sintomi diurni correlati al disturbo (scarsa attenzione e memoria, difficoltà di concentrazione, ecc.). Al fine di poter perseguire questi obiettivi le linee guida internazionali raccomandano di:
- Identificare i comportamenti disadattivi e i pensieri che fungono da fattore perpetuante l’insonnia.
- Portare all’evidenza del paziente le sue distorsioni cognitive rispetto al proprio sonno e operare su di esse una ristrutturazione cognitiva che porti ad un atteggiamento più funzionale rispetto al dormire.
- Utilizzando specifici metodi comportamentali, estinguere l’associazione tra “sforzo” per dormire e aumentato arousal, riducendo al minimo la quantità di tempo trascorso a letto sveglio, e contemporaneamente promuovere l’associazione tra il letto e rilassamento/sonno.
- Ristabilire un ritmo sonno/veglia regolare ed un ambiente favorevole al sonno.
- Impiegare tecniche psicologiche e comportamentali, per diminuire l’arousal psicofisiologico e l’ansia rispetto al proprio sonno.
Il protocollo CBT-I, ovvero la terapia cognitivo comportamentale per l’insonnia, si è rivelato particolarmente efficace per affrontare i disturbi nella continuità del sonno.
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Il trattamento farmacologico
Il trattamento farmacologico dell’insonnia può essere utilizzato, come soluzione temporanea, nel caso siano presenti traumi emotivi severi (un lutto, la perdita del lavoro…), malattie gravi, o nel caso di periodi lunghi e debilitanti di insonnia. I farmaci non intervengono in modo efficace sulle cause all’origine dell’insonnia, per cui devono essere considerati una soluzione a breve termine e comunque associata a un trattamento di tipo psicoterapeutico.
In ogni caso, le classi di farmaci maggiormente utilizzate sono:
- Benzodiazepine. Presentano però molti effetti collaterali, tra cui sonnolenza diurna, stati confusionali, giramenti di testa e compromissione delle funzioni mnestiche.
- Antidepressivi con proprietà sedative. I triciclici migliorano la continuità del sonno, determinano un incremento nel sonno ad onde lente, ma riducono il sonno REM. Al contrario l’utilizzo degli SSRI, prima di andare a dormire potrebbe indurre sintomi di insonnia e in soggetti predisposti.
- Altre categorie di farmaci utilizzati in casi di insonnia includono: gabapentin (neurontin), tiagabina (gabitril), quetiapina (seroquel), e olanzapina (zyprexa). Non sono riportate in modo soddisfacente, prove dell’efficacia di questi farmaci per il trattamento del Disturbo dell’Insonnia.
- Melatonina. È un ormone, sintetizzato dalla ghiandola pineale la cui secrezione è regolata dal nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo e ha un picco fra le 2 e le 4 di notte. La sua assunzione non ha particolari effetti collaterali, ma risulta indicata nei casi in cui sia necessario risincronizzare l’orologio biologico interno, per esempio se ci sono variazioni nel ritmo sonno veglia indotte da repentini cambi di fuso orario.
Approfondimenti
- Per approfondire, è possibile scaricare qui il nostro opuscolo sull’insonnia
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Riferimenti bibliografici
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