- Il Disturbo Dipendente di Personalità che cosa è?
- Caratteristiche psicologiche del Disturbo Dipendente di Personalità
- Sintomi della personalità dipendente: come capire se una persona soffre di Disturbo Dipendente di Personalità
- Quali sono le cause del Disturbo Dipendente di Personalità?
- Conseguenze del Disturbo Dipendente di Personalità
- Depressione, ansia e attacchi di panico nel disturbo dipendente di personalità
- Cura del Disturbo Dipendente di Personalità
La dipendenza può essere definita come un bisogno eccessivo di fare affidamento sugli altri per supporto, guida, nutrimento e protezione. Gli individui con disturbo dipendente di personalità manifestano significativi livelli di ansia, innescati dal prendere decisioni quotidiane, iniziare o completare compiti, e dal percepire un rifiuto da parte degli altri (APA, 2013). Per regolare questo disagio, le persone cercano guida, rassicurazione e supporto. Molto spesso si sentono impotenti e considerano anche il prendersi cura di sé come troppo oneroso: cercano supporto per ridurre la propria ansia. Spesso preferiscono rinunciare ad avere il controllo anche su aspetti quotidiani della propria vita, chiedendo consigli su cosa indossare, cosa scegliere al ristorante o a che ora prendere un appuntamento.
La caratteristica chiave del disturbo dipendente di personalità è, appunto, l’eccessivo bisogno di cure e di protezione associato alla paura di rimanere soli. La necessità di essere accuditi può portare la persona dipendente a ritenere gli altri significativi indispensabili, a sottomettersi ai loro bisogni e desideri e a pensare di avere enormi difficoltà a iniziare e proseguire qualsiasi attività senza il loro aiuto.
Gli individui con disturbo dipendente di personalità hanno un’immagine di sé come impotente e quindi cercano di legarsi a qualche figura più forte che possa fornire loro le risorse per sopravvivere ed essere felice. Le parole chiave per descrivere questo disturbo di personalità sono “appiccicoso” e “arrendevole”.
Questo disturbo colpisce con maggiore frequenza il sesso femminile e soggetti con un’età media superiore ai 40 anni.
È utile analizzare le caratteristiche psicologiche degli individui con disturbo dipendente di personalità in termini di visione di se stessi e degli altri, credenze intermedie e profonde, minacce percepite, strategie di coping (affrontamento) ed emozioni principali:
- Visione di se stessi: si considerano bisognosi, deboli, impotenti e incompetenti
- Visione degli altri: vedono gli altri come persone che possono prendersi cura di loro in modo idealizzato. Pensano che siano nutrienti, di supporto e competenti.
- Credenze intermedie e profonde: “ho bisogno degli altri – specialmente di una figura forte – per poter sopravvivere”, “non posso vivere senza lui/lei”, “non posso mai essere felice a meno che non sia amato/a”, “posso andare avanti solo se ho accanto qualcuno competente”, “se mi abbandonano, morirò”, “se non mi amano, sarò sempre infelice”, “non devo offendere chi si prende cura di me”, “stammi vicino”, “coltiva le relazioni intime il più possibile”, “sii servizievole con gli altri”, “sono completamente impotente”, “sono del tutto solo/a”
- Minacce percepite: la minaccia principale riguarda il rifiuto e l’abbandono perché non si sentono in grado di affrontare la vita autonomamente
- Strategie di coping: coltivare una relazione di aiuto/dipendente. Faranno questo subordinandosi spesso a una figura che percepiscono come forte e cercando di placare o piacere a questa persona
- Emozioni principali: l’emozione principale è l’ansia, la preoccupazione di una possibile fine della relazione dipendente. Periodicamente sperimentano ansia elevata quando percepiscono che la relazione si potrebbe incrinare o logorare. Se la figura su cui dipendono viene meno, possono sprofondare nella depressione. Dall’altro lato, sperimentano gratificazione o euforia quando i loro desideri dipendenti vengono soddisfatti dall’altro.
Per capire se una persona soffre di disturbo dipendente di personalità si devono poter riscontrare almeno cinque di questi sintomi:
- Difficoltà a prendere decisioni quotidiane senza il ricorso a suggerimenti, rassicurazioni e consigli da parte degli altri.
- Richiesta agli altri di assumersi responsabilità che dovrebbero spettare a loro
- Paura di essere in disaccordo con gli altri e rischiare disapprovazione
- Difficoltà a iniziare progetti senza il supporto di altri
- Eccessivo bisogno di protezione e supporto da parte di altri, anche permettendo ad altri di imporre loro stessi piuttosto che rischiare il rifiuto o la disapprovazione
- Sentirsi vulnerabili e indifesi quando soli
- Cercare disperatamente una relazione non appena ne è terminata una
- Preoccupazione irrealistica di essere lasciati soli e di non essere in grado di prendersi cura di se stessi
Le cause del disturbo dipendente non sono ancora del tutto conosciute. Tuttavia si ipotizza che fattori genetico-temperamentali e ambientali contribuiscano al suo sviluppo. Anche la particolare sensibilità all’ansia, l’attaccamento insicuro e la visione pessimista hanno un ruolo nell’insorgenza di questa problematica di personalità.
Le ricerche hanno dimostrato un’alta correlazione fra il comportamento dipendente in bambini di 7-8 anni e la personalità dipendente in età adulta. La tendenza in queste famiglie è quella di controllare eccessivamente i bambini scoraggiando l’indipendenza. Alcune persone, in corso di trattamento, si aspettano ad esempio di essere criticate nel caso in cui prendano autonomamente decisioni, sostenendo che questo tipo di aspettativa derivi da ciò che accadeva con i membri della propria famiglia.
In genere le persone con il disturbo dipendente di personalità si scelgono partner con caratteri forti, spesso narcisisti che assumono nei loro confronti comportamenti dominanti e che, in alcuni casi, possono divenire abusanti. La paura di perdere le persone ed essere abbandonati e lasciati soli, tipica del disturbo dipendente di personalità, rende infatti queste persone potenziali vittime di manipolazione e abusi. Trovano difficoltà a esprimere disaccordo e a prendere decisioni indipendentemente dagli altri, provando paura e panico solo all’idea di fare qualcosa da soli senza l’aiuto di nessuno.
Dato che pensano sia impossibile per loro rimanere da soli, qualora dovesse interrompersi la relazione, ne cercherebbero immediatamente un’altra come fonte di supporto.
La depressione è uno dei più comuni problemi presenti nelle persone che soffrono di disturbo dipendente di personalità e si manifesta con una generale mancanza d’iniziativa, con un sentimento che li porta a sentirsi indifesi e con una difficoltà di problem solving e decision making.
Anche i disturbi d’ansia sono spesso associati al disturbo dipendente di personalità, poiché fanno affidamento sulle altre persone senza le quali ritengono di non poter vivere: sono molto predisposti all’ansia da separazione, sono sempre preoccupati di essere abbandonati e lasciati da soli senza protezione.
Gli attacchi di panico possono verificarsi nel momento in cui prevedono e temono nuove responsabilità che non credono di poter affrontare.
La psicoterapia è raccomandata come cura primaria per il disturbo dipendente di personalità. Gli obiettivi della terapia saranno l’indipendenza del paziente e lo sviluppo di competenze sociali, affettive e comportamentali. Le terapie più brevi vanno in genere preferite alle terapie a lungo termine poiché queste ultime potrebbero intensificare la dipendenza dal terapeuta e rendere più difficoltoso per il paziente il recidere il rapporto una volta conclusa la terapia.
Questo tipo di pazienti, soprattutto con l’inizio della terapia, tendono a essere così collaborativi da creare aspettative nel terapeuta che il trattamento sarà facile e di breve durata. Ma non è così. Le persone con disturbo dipendente spesso si aggrappano alla terapia, chiedono sedute aggiuntive e disponibilità telefonica, resistendo agli sforzi di incoraggiamento verso una vita più autonoma. Aiutare i pazienti a raggiungere l’autonomia rappresenta, quindi, la vera e propria sfida del trattamento.
E’ necessario che la persona impari a separarsi dalle altre figure significative (incluso il terapeuta) e accresca la sicurezza in se stessa e il sentimento di autoefficacia. Questo lavoro deve essere fatto gradualmente e con una certa delicatezza. L’approccio collaborativo tipico della terapia cognitivo-comportamentale può essere usato per incoraggiare i pazienti ad assumere un ruolo più attivo.
La terapia cognitivo-comportamentale può aiutare le persone con questo tipo di problema a sviluppare una modalità di pensiero e di interpretazione degli eventi più sana e accurata. I pensieri influenzano la propria identità e quindi il modo in cui ci vediamo e comportiamo e il nostro funzionamento interpersonale.
Il terapeuta impiegherà le tecniche cognitivo-comportamentale, come la ristrutturazione cognitiva, per mettere in discussione le credenze distorte e disfunzionali del paziente e, di conseguenza, le sue emozioni e comportamenti.
Per esempio, se un paziente dovesse insistere di non avere le abilità di scegliere cosa mettersi la mattina, il terapeuta dovrebbe confutare questa affermazione chiedendogli di descrivere almeno una volta nella quale ha scelto il suo abbigliamento senza l’aiuto o il supporto di nessuno. Inoltre, potrebbe domandare come si è sentito dopo averlo fatto, se ha eventualmente provato gioia per questa scelta. Chiaramente il processo per il cambiamento effettivo è decisamente più complesso e duraturo ma questo esempio sintetizza brevemente un tipico intervento cognitivo.
In seguito il trattamento può focalizzarsi su interventi espliciti volti ad aumentare la consapevolezza e a scoraggiare comportamenti disfunzionali, come una richiesta eccessiva di rassicurazioni.
Si utilizzeranno tecniche per sviluppare abilità volte a:
- tollerare le emozioni negative, attraverso la Mindfulness e il protocollo MBSR;
- gestire le situazioni stressanti, attraverso il Problem Solving e il Training di Assertività – affrontare le emozioni negative, attraverso delle tecniche di rilassamento e la Schema focused cognitive therapy.
Questo permetterà di sviluppare strategie per regolare le emozioni negative che porteranno a un aumento del senso di competenza e autoefficacia.
Infine, per la cura del disturbo dipendente di personalità è indicato un lavoro di tipo meta-cognitivo durante il quale il terapeuta con la collaborazione del paziente identifica i cicli interpersonali, ovvero come le modalità di pensiero di una persona intervengono nella relazione, spesso confermando, in un circolo vizioso, i timori iniziali del paziente.