Il Disturbo Evitante/Restrittivo dell’assunzione di cibo

Il Disturbo Evitante/Restrittivo dell’assunzione di cibo

disturbo evitante restrittivo assunzione ciboQuesto disturbo sostituisce ed estende la diagnosi del DSM-IV relativa ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione dell’infanzia e della prima infanzia. A soffrire di questo disturbo sono bambini e adolescenti i quali possono apparire come scarsamente interessati al cibo, tanto da evitarlo per le sue caratteristiche sensoriali (ipersensibilità al colore, odore, consistenza, temperatura) o per le possibile conseguenze negative che possono avverarsi nel mangiarlo.

Il non riuscire a soddisfare i propri bisogni nutrizionali ed energetici porta queste persone a:

  • eccessivo calo di peso;
  • significativo deficit nutrizionale;
  • interferenza significativa con la propria vita socio-relazionale;
  • dipendenza dall’alimentazione parentale;
  • uso di supplementi nutrizionali orali.

In particolare, l’alimentazione supplementare avviene in quei neonati che presentano un ritardo nella crescita (sondino nasogastrico) o in bambini con disturbo del neurosviluppo.

La significatività del deficit nutrizionale si basa su un attento esame clinico che comprende una valutazione dell’assunzione dietetica, esami fisici e di laboratorio. L’impatto del Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo può essere simile a quello presente nell’anoressia nervosa:

  • ipotermia;
  • bradicardia;
  • anemia.

L’evitamento/restrizione dell’assunzione di cibo possono poi anche rappresentare una risposta condizionata negativa associata all’assunzione di cibo che segue o anticipa un’esperienza avversa.

I neonati che soffrono di questo disturbo possono sembrare troppo assonnati, stressati o agitati nel momento in cui devono essere alimentati. Sia i neonati che i bambini possono non collaborare con il caregiver durante l’alimentazione, mentre nei bambini più grandi e negli adolescenti spesso il disturbo è associato a problematiche emotive che, però, non soddisfano i criteri di disturbo d’ansia, depressivo o bipolare.

Il bambino con questo disturbo può apparire ai genitori come irritabile e difficile da confortare durante la nutrizione, apatico e chiuso in se stesso. Anche una cattiva interazione tra genitore-bambino può giocare un ruolo importante nel mantenimento del disturbo: ne sono degli esempi offrire il cibo in modo inadeguato oppure interpretare il comportamento del bambino come aggressivo o di rifiuto.

Indipendentemente dall’età il disturbo può influenzare negativamente il funzionamento familiare, basti pensare allo stress vissuto al momento dei pasti o in altri contesti conviviali in cui sono presenti amici o parenti.

Il Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo insorge, come abbiamo visto, nell’età evolutiva ma può persistere nell’età adulta, soprattutto se l’evitamento si basa su aspetti sensoriali. Come il DSM-5 sottolinea, sono ancora poche le evidenze per poter fare un collegamento causale tra il Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo in età infantile e un disturbo alimentare in età adulta.

Fattori di rischio

FATTORI AMBIENTALI:

  • ansia familiare;
  • genitori con disturbo alimentare.

FATTORI GENETICI E FISIOLOGICI:

  • problemi gastrointestinali;
  • reflusso gastro-esofageo;
  • vomito.

Comorbidità

I disturbi che la letteratura ha trovato maggiormente in comorbidità sono:

  • disturbo d’ansia;
  • disturbo ossessivo-compulsivo;
  • disturbi dello spettro autistico;
  • disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD);
  • disabilità intellettiva;
  • in minor parte la depressione (Nicely et al.,2014).

Trattamento

Alla base della scelta del trattamento si terrà conto della gravità del disturbo e della presenza di eventuali disturbi in comorbidità. Il primo passo da compiere, come sottolinea Kelly (2014) nel suo studio, è fare un’attenta anamnesi e sottoporre la persona ad esami medici specifici per escludere:

  • una eziopatogenesi medica (per esempio mancanza di ferro);
  • fattori di rischio ambientale (scarsa disponibilità di cibo in famiglia);
  • fattori culturali o religiosi.

La letteratura ha più volte dimostrato come un intervento di tipo comportamentale sia l’approccio migliore alla cura di questo disturbo (Williams et al., 2012; Green et al., 2011; Lang et al., 2011; Matsona et al.,2011;Tack et al.,2011; Davis et al., 2010; Sharp et al.,2010) :

  • analisi funzionale del comportamento per identificare i rinforzi contingenti;
  • automonitoraggio per migliorare il proprio comportamento alimentare e lavorare sugli antecedenti;
  • tecniche di rilassamento per diminuire l’arousal fisiologico;
  • desensibilizzazione sistematica;
  • uso di rinforzi positivi.

Vista l’età di insorgenza del disturbo, è molto importante fare anche un lavoro con i genitori dei bambini/adolescenti affetti dal Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo al fine di indagare quali aspetti della relazione genitore-bambino promuovono e mantengono il comportamento alimentare disfunzionale (Jones et al., 2012).

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