La prima descrizione clinica della ruminazione è quella effettuata nel 1618 da un anatomista italiano, Fabricious ab Aquapendente. Pare che prima di questa data la letteratura medica non si fosse occupata della ruminazione semplicemente perché era considerata un disturbo, ma veniva tollerata culturalmente come una gradevole abitudine.
La descrizione della ruminazione come fenomeno anormale, culturalmente deplorevole, cominciò in seguito ad affiancarsi alle teorie che postulavano l’esistenza di un legame di sangue tra le persone dedite alla ruminazione e la specie bovina. I primi tentativi di curare la ruminazione risalgono agli anni Cinquanta, quando la patogenesi del disturbo veniva attribuita al rapporto interpersonale del neonato con la madre (Fredericks, 2000)
Questo disturbo è caratterizzato da ripetuto rigurgito, masticazione e deglutizione di cibo per almeno un mese. Per poter parlare di Disturbo da Ruminazione, il rigurgito non può essere giustificato da una patologia gastrointestinale né si presenta esclusivamente associato con un altro disturbo alimentare. In particolare il Disturbo da Ruminazione è caratterizzato da:
- rigurgito in bocca senza nausea;
- involontari conati di vomito;
- disgusto;
- rimasticazione.
Il disturbo può essere diagnosticato a tutte le età ma si trova soprattutto associato a disabilità intellettiva. La diagnosi in età neonatale (3-12 mesi) è facilitata dalla posizione che gli infanti assumono in presenza di Disturbo da Ruminazione: stiramento e inarcamento della schiena con la testa gettata all’indietro associati a movimenti di suzione con la lingua. Si mostrano affamati tra un rigurgito e l’altro e perdono peso non superando le tappe ponderali previste; nei casi più gravi si può arrivare alla malnutrizione (sono riferiti tassi di mortalità fino al 25%). Problemi psicosociali come una scarsa stimolazione ambientale, l’abbandono, eventi di vita stressanti e problemi nella relazione genitori-bambino possono essere fattori predisponenti. In alcuni casi, può svilupparsi anche il Disturbo della Nutrizione dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza. Nei bambini comunque il disturbo va frequentemente incontro a remissione spontanea.
In presenza di disabilità intellettiva il Disturbo da Ruminazione sembra avere una funzione autocalmante o di autostimolazione simile a quella di altri comportamenti ripetitivi come, per esempio, lo sbattere la testa.
Invece adulti e adolescenti possono mascherare il comportamento di rigurgito attraverso specifici gesti che arrivano a ledere in modo significativo la vita sociale e relazionale delle persone:
- mettersi una mano davanti la bocca;
- tossire;
- evitare di mangiare in pubblico;
- evitare di assumere cibo prima di un’attività sociale;
- evitare la colazione (paura di poter vomitare al lavoro).
Per poter individuare gli interventi corretti occorre innanzitutto distinguere la ruminazione dal vomito e dai comportamenti a questo connesso. L’incapacità di riconoscere tra i fattori eziologici elementi fisiologici, quali la compromissione iatrogena della funzione laringea ed esofagea o il riflusso gastro-esofageo dovuto a deficit strutturali, può tradursi in una pericolosa degenerazione dello stato di salute del paziente e nell’applicazione di terapie inappropriate.
- analisi del sangue per l’anemia;
- funzioni endocrine – ormoni;
- elettroliti sierici;
- endoscopia;
- esami radiologici.
Gli interventi chirurgici che prevedono il trattamento di ernie iatali o la chiusura artificiale del cardias, l’orifizio di sbocco dell’esofago nello stomaco, hanno come esito la riduzione di comportamenti di ruminazione e del vomito. Tuttavia, gli interventi chirurgici dovrebbero limitarsi ai casi per i quali sia stata diagnosticata chiaramente un’eziologia fisiologica e, comunque, a persone risultate refrattarie a terapie meno invasive.
Per il trattamento di alcuni casi di Disturbo da Ruminazione può essere utile considerare la duplice diagnosi di ritardo mentale e psicopatologia. La ruminazione nelle persone adulte con ritardo mentale è stata associata a condizioni psicologiche particolari, come la depressione e l’ansia cronica. Non è ingiustificato pensare che la depressione o l’ansia possano concorrere all’instaurarsi del Disturbo da Ruminazione in persone con ritardo mentale. Pertanto, la determinazione di una diagnosi duplice nelle persone con ritardo mentale può fornire utili indicazioni per un trattamento appropriato.
Gli interventi comportamentali per la cura del Disturbo da Ruminazione presero piede negli anni Sessanta, visto che le procedure avversive elaborate per ridurre questo comportamento in persone con ritardo mentale iniziarono a dare qualche risultato. Nell’analisi funzionale è bene distinguere da subito il vomito con reingestione parziale o assente (rinforzato dall’ambiente esterno) dalla ruminazione con rideglutizione (rinforzato dall’autostimolazione). È possibile suddividere le terapie in due categorie: avversive e non avversive.
- Terapia avversiva: in voga fino alla fine degli anni Ottanta, questa terapia prevedeva l’uso di tecniche come l’ipercorrezione, la sottrazione di cose positive, l’uso di sostanze dal sapore sgradevole. Visto che non vi sono procedure di fading (attenuazione graduale e progressiva) degli interventi avversivi di dimostrata efficacia, per ragioni etiche si dovrebbe fare ricorso a queste procedure soltanto come interventi a breve termine in situazioni gravi.
- Terapia non avversiva: le tecniche utilizzate sono la saziazione, il rinforzo positivo differenziale di comportamenti incompatibili o alternativi, l’estinzione, tecniche specifiche di alimentazione, l’esercizio fisico contingente e l’uso di interventi combinati.