Origini e radici storiche dell’Hatha Yoga

Origini e radici storiche dell’Hatha Yoga

La parola hatha in lingua sanscrita si traduce in ambedue i vocaboli forza e forte. Lo Hatha Yoga, dunque, è lo Yoga della forza oppure lo Yoga possente: tale vigore vitale si rifà all’energia interna della kundalini, la parte divina che risiede nell’intimo di ogni essere umano.

Questa branca dello Yoga è associata ai nomi di due maestri perfezionati, Matsyendra Natha e Goraksha Nata, ma secondo gli studiosi si tratta di un’evoluzione del Tantra emersa nel periodo del medioevo indiano.

Secondo lo Hatha Yoga, la realizzazione avviene tramite il veicolo del corpo fisico e della sua forma energetica. Praticamente, per conseguire la realizzazione più elevata, il praticante deve fortificare il corpo o meglio, “cuocerlo”. Stando a una visione nata nell’ambito dell’India vedica e passata all’Induismo, ogni cosa è perfettibile e può divenire perfetta se segue il giusto processo di “cottura” (Malamoud, 1994). Vale per il rituale del sacrificio, vale per la preparazione del cibo – che in India non si consuma crudo, nel senso che le pietanze non sono mai servite senza che siano state rese oggetto di adeguata preparazione -, vale per la lingua che si rifinisce e modella fino a essere musicale e intonabile e vale anche per le creature del mondo.

Per le scritture tradizionali, il corpo che pratica Hatha Yoga si perfeziona sino a diventare un corpo divino: la realtà ultima si manifesta in un corpo finito e in una mente finita, entrambi umani. Nelle parole di Sri Aurobindo: “I processi cardine dello Hatha Yoga sono gli asana e i pranayama (…) mediante i quali si garantisce al corpo una straordinaria salute, forza ed elasticità, sino a liberarlo dalle abitudini e dalle impurità che lo confinano all’ordinarietà della vita quotidiana” (Aurobindo, 1948).

La prassi dello Hatha Yoga è fondata sulla riproduzione delle posture, sul controllo del respiro, sull’inibizione sensoriale, la concentrazione, la meditazione e l’estasi. Un manuale del diciassettesimo secolo, il Geranda-Samhita, elenca tutte le fasi preparatorie alla pratica vera e propria:

  • dhauti, la pulizia dei denti, lingua, orecchie, cavità frontali, gola, stomaco, intestino e retto
  • vasti, la contrazione e dilatazione dello sfintere per curare la stitichezza
  • neti, inserimento di un filo o una garza sottile nelle narici per rimuovere il muco
  • lauli, una tecnica che consente una rotazione dei muscoli addominali per massaggiare gli organi interni
  • trataka, fissazione di un piccolo oggetto, come la luce di una fiammella, per rilassare la vista, stabilizzare la mente e curare alcune patologie oculari
  • kapala-bhati, una tecnica respiratoria che consente di inalare acqua dal naso ed espellerla dalla bocca o dal naso stesso, ripulendo il corpo dal muco in eccesso (Feuerstein, 2003)

Alcune di queste tecniche, come l’ultima elencata, sono di attuale utilizzo per il supporto alla cura clinica di alcune patologie come, del resto, gli asana sono tanto tonificanti per il corpo da essersi evoluti in svariati sistemi sportivi e ginnici nel corso del tempo.

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