Intersessualità: la sindrome da insensibilità androgenica (AIS) o sindrome di Morris
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Per intersessualità si intendono tutte quelle condizioni in cui i cromosomi sessuali, i genitali e/o i caratteri sessuali secondari di una persona non sono definibili come esclusivamente maschili o femminili. Un individuo intersessuale può presentare caratteristiche anatomo-fisiologiche sia maschili sia femminili. Le cause possono essere varie, sia congenite, sia acquisite e possono intervenire a livello cromosomico, ormonale e morfologico.
In un articolo di Jones e Park (1971) venne illustrato il caso di una giovane donna di 26 anni che chiese un trattamento per due problemi sessuali: l’assenza di mestruazioni e il dolore durante i rapporti sessuali. La visita medica confermò che i suoi genitali esterni erano nella norma mentre c’erano problemi nei genitali interni: la sua vagina era profonda solo 4 cm e anche il suo utero era iposviluppato. Dagli esami condotti successivamente i medici compresero che la donna in realtà era geneticamente un maschio. Le prove a favore di questa diagnosi erano tre: l’analisi di alcune cellule prelevate all’interno della bocca rivelò che erano del tipo maschile XY; una laparoscopia evidenziò che all’interno dell’addome della donna non c’erano ovaie ma testicoli e infine i test ormonali rivelarono che i tassi ormonali erano quelli tipicamente maschili.
La giovane donna soffriva di un disturbo chiamato sindrome da insensibilità agli androgeni (AIS) o sindrome di Morris. Si tratta di una malattia rara, che interessa circa 1 neonato su 13000. Il feto, essendo geneticamente maschile (XY), sviluppa testicoli embrionali ma, a causa di una mutazione associata al gene dei recettori per gli androgeni, è insensibile agli ormoni maschili e sviluppa caratteri sessuali femminili. Il quadro è molto variabile. L’insensibilità agli androgeni può essere parziale (PAIS) o completa (CAIS). La AIS può comprendere situazioni diverse: se l’insensibilità è lieve, i genitali esterni possono essere maschili, mentre se è completa, l’aspetto dei genitali è femminile ma sono assenti le ovaie e l’utero. Nelle forme intermedie vi è la presenza contemporanea di caratteri genitali sia maschili che femminili.
La sindrome è una fra le numerose Differenze dello Sviluppo del Sesso (DSD). Può essere considerata una forma intersex in quanto c’è una discrepanza tra il sesso genetico e la formazione dei genitali esterni. Questa condizione è differente dalla transessualità, in cui invece si verifica un conflitto fra l’identità di genere e il sesso fisico della persona. Le persone affette da questa sindrome sono dal punto di vista anatomico, psicologico, legale e sociale delle donne.
Affrontare una diagnosi di AIS non è facile, poiché anche se la condizione non è grave dal punto di vista della salute, vengono coinvolti molti aspetti psicologici come la definizione di sè, i rapporti affettivi e sessuali, la possibilità di avere figli. A livello sociale inoltre c’è ancora oggi poca informazione riguardo l’AIS e spesso viene confusa con altre condizioni come l’omosessualità o la transessualità, che riguardano invece l’orientamento sessuale e l’identità di genere di una persona; il confronto con la società crea un conflitto tra il desiderio di condividere con gli altri la propria esperienza e il desiderio di tacere per paura di essere feriti, fraintesi, delusi. All’inizio, subito dopo la diagnosi, è normale provare confusione, rabbia, angoscia. Una volta superata questa fase iniziale, è necessario affrontare il percorso che consentirà di vivere questa condizione nel modo più sereno possibile. In passato, alcuni medici e genitori assumevano un atteggiamento paternalistico e, nel tentativo di evitare il conflitto interiore della paziente, nascondevano le informazioni sulle gonadi e sugli aspetti genetici. Oggi, la maggior parte dei professionisti, suggeriscono invece di dire la verità e di offrire un supporto psicologico ai genitori in risposta ai loro bisogni e alle loro inquietudini, in modo che possano fornire un supporto efficace alle loro figlie. Per alcuni genitori, la sindrome è un tabù di cui non parlare ed invece che cercare di conoscere i bisogni affettivi e gli interventi appropriati di cui i loro figli hanno bisogno, preferiscono mantenere il segreto. La piena conoscenza della diagnosi rispetta i diritti della paziente a dare un senso alla propria condizione e le offre la possibilità di dare un consenso informato alle scelte terapeutiche che la riguardano.
Le conseguenze psicologiche dell’AIS possono essere molte e variano di solito in rapporto alla modalità e all’età in cui viene comunicata la diagnosi.
Le ragazze che ricevono una diagnosi di CAIS dopo il periodo adolescenziale di solito non mettono in discussione la loro identità sessuale ma continuano a vivere la loro femminilità, trovando nella diagnosi la risposta a tutti quei problemi che in qualche modo la ostacolavano, ad esempio l’impossibilità di avere figli o la difficoltà, a volte, di avere un rapporto sessuale completo a causa dell’ipoplasia vaginale.
Spesso, le pazienti vengono a conoscenza della propria condizione di AIS sin dalla più tenera età. In questi casi si conoscono mezze verità, si percepiscono silenzi e ambiguità legati soprattutto a discorsi e/o esperienze poco comprensibili. Ad esempio, in seguito ad una gonadectomia precoce, si deve seguire una terapia ormonale fin da bambine, sottoponendosi a continue visite mediche o a pratiche post -operatorie (come l’uso di dilatatori) che possono essere vissute come una violazione della propria intimità. Le bambine quindi cominciano a sentirsi diverse, difettose e accettano passivamente quanto viene loro proposto, senza averne compreso davvero il senso e il fine.
Nella fase preadolescenziale la consapevolezza che il proprio cariotipo è maschile (XY) può comportare dubbi e perplessità sulla propria identità sessuale, anche se solo per un breve periodo. Ciò si traduce in difficoltà nei rapporti sentimentali e sessuali, a causa di paure irrazionali, come il timore di rifiuto per l’assenza di peluria. Molte ragazze con AIS hanno rapporti di coppia solidi e sereni una volta che hanno accettato completamente la loro condizione.
Può essere invece più complicata la situazione della sindrome parziale (PAIS) o di altre condizioni simili, in cui può essere presente un’atipicità genitale. Sul piano psicologico questo potrebbe determinare, a prescindere dal sesso assegnato, una difficoltà di riconoscersi in esso e conseguentemente dubbi e incertezze sulla propria identità di genere e/o sul proprio orientamento sessuale.
L’incontro con altre persone con la stessa condizione, tramite dei gruppi di supporto, si rivela spesso come uno degli interventi terapeutici più utile. L’incontro tra persone che condividono gli stessi problemi porta a un loro progressivo ridimensionamento: la condivisione dei problemi consente di sentirsi riconosciute e validate nella propria sofferenza e facilita la risoluzione dei problemi. Le donne affette dall’AIS raccontano spesso che nel tempo ciò che più ha causato loro sofferenza sono stati l’isolamento, il senso di stranezza, la segretezza e lo stigma, prodotti dall’apparente inaccettabilità del loro stato biologico agli occhi della società.
Riferimenti:
- AISIA Onlus (Associazione Italiana Sindrome Insensibilità agli Androgeni e condizioni simili) www.aisia.org
- Jones, H.W., Park I.J., (1971), “A classification of special problems in sex differentiation” in D. Bergsma (a cura di) “The clinical delineation of birth defects. Part X: The endocrine system”, Baltimore, The Williams & Wilkins Company,pp. 113- 121