Dipendenza affettiva: quando l’amore diventa una trappola

Dipendenza affettiva: quando l’amore diventa una trappola

Dipendenza affettiva

Photo by Roman Kraft on Unsplsh

Tutti gli esseri umani nascono e vivono all’interno di una rete di relazioni e di legami con le altre persone. Difatti alla base dell’esistenza umana vi è il bisogno d’amore che necessita di un suo pieno soddisfacimento attraverso il contatto che ognuno di noi ha con l’altro.

Quando ci troviamo di fronte il principe azzurro o la principessa ideali riponiamo nella relazione affettiva tutte le nostre speranze. Ma come possiamo capire che siamo in presenza di un legame d’amore sano? Il presupposto fondamentale affinché una relazione sia ritenuta sana è la presenza di un amore definito come un accrescimento reciproco e uno scambio tra le persone che si amano, fondato sull’onestà e sull’integrità personale. All’interno di una relazione sana ci si prende cura l’uno dell’altro, vi è equilibrio tra dipendenza e autonomia, è presente cooperazione, tolleranza reciproca e si accettano i cambiamenti della coppia nel tempo.

Quando invece la relazione dà origine a sentimenti quali insoddisfazione, umiliazione, competizione e ostilità, quando non sono condivisi i bisogni e la progettualità e vi è mancanza di rispetto, siamo in presenza di quella che viene definita dipendenza affettiva; questa rientra nella categoria delle “new addiction”, ossia le dipendenze senza droga. Può accadere che il soggetto dipendente metta in atto comportamenti volti esclusivamente all’interesse del proprio oggetto d’amore, inizialmente accettabili e apprezzabili, ma che con lo scorrere del tempo diventano pesanti, opprimenti, intollerabili da parte del partner il quale, nella maggioranza dei casi, sceglie di scappare da questo tipo di rapporto. L’amore risulta così a senso unico che a lungo andare sarà percepita come sofferente e insoddisfacente dal dipendente affettivo, in quanto, essendo totalmente ed esclusivamente dedito alla vita del partner, dimentica di appagare i propri bisogni, desideri, e in generale il proprio benessere psico-fisico. Il dipendente affettivo percepisce così un senso di non amabilità, sente di non essere abbastanza degno dell’amore altrui, motivo per cui tende a sacrificarsi per rendersi sempre di più desiderabile. Un’altra importante caratteristica è la costante ansia che manifesta per la paura dell’abbandono e l’incapacità di sopportare lunghi distacchi dal proprio partner. Il soggetto dipendente percepisce che la relazione è senza speranza e generatrice di dolore, ma nonostante ciò è incapace di dire basta, di uscirne fuori e di cominciare a vivere una nuova vita, in quanto ha sfiducia nelle proprie risorse e dipende totalmente da quella del partner. Sul piano sintomatologico il dipendente affettivo è caratterizzato da ansia, depressione, malinconia, pensieri ossessivi, profondo senso di colpa o di rabbia e svalutazione dei sentimenti. Anche la paura del cambiamento è una caratteristica essenziale, dal momento che il soggetto dipendente tende a limitare il proprio compagno nello sviluppo di capacità individuali e interessi a causa del timore che la relazione cambi o diventi instabile. Infine, un ultimo aspetto determinante nel dipendente affettivo, è una sorta di presunzione di riuscire ad ottenere ciò che vuole, cioè di essere amato e apprezzato dal proprio compagno come egli desidera.

Pur essendo un disturbo con un’incidenza psicopatologica statistica nettamente superiore nel genere femminile, la dipendenza affettiva insorge anche nel sesso maschile. La dipendenza affettiva maschile appare più mascherata e più drammatica rispetto a quella del genere femminile. Il mascheramento di tale patologia è connesso ad un condizionamento culturale che impone all’uomo di apparire un essere forte e padrone di sé, delle proprie emozioni e dei propri affetti.

È possibile affrontare la dipendenza affettiva utilizzando sia trattamenti psicoterapeutici individuali che di gruppo, i quali hanno come fine quello di promuovere una ristrutturazione cognitiva del dipendente, ossia modificare il suo modo di pensare in funzione a se stesso e all’altro. Lo scopo dell’intervento consiste nel portare il dipendente affettivo a sviluppare una forma di pensiero maggiormente rivolto verso di sé, orientato ai propri bisogni e desideri, che lo porti ad ascoltare e assecondare i propri diritti, arricchendo se stesso e la relazione d’amore. Il primo passo è senza dubbio prendere coscienza del problema, poiché molti tendono a scambiare le manifestazioni di una dipendenza come semplici comportamenti di amore e di bontà nei confronti dell’altro. Una volta riconosciuta la presenza di una dipendenza affettiva, la terapia ha l’obiettivo di far apprendere, sviluppare e mantenere relazioni sane, di accrescere il senso di sicurezza, la fiducia e l’autostima personale.

  • C. Guerreschi: “La dipendenza affettiva. Ma si può morire anche d’amore?” Franco Angeli, 2013
  • S. Sussman: “Love Addiction: Definition, Etiology, Treatment”, Sexual Addiction & Compulsivity 17 (1):31-45, 2010
  • Ana Estévez, María D. Chávez-Vera, Janire Momeñe, Leticia Olave1, Daniel Vázquez1, and Itziar Iruarrizaga1: “The role of emotional dependence in the relationship between attachment and impulsive behavior”, Anales de psicología / Annals of psychology, 438-445, vol. 34, nº 3, 2018
  • Isabelle Nazare-Aga: La manipolazione affettiva, Ultra, 2014

Autore/i dell’articolo

Dott.ssa Giulia Gabelli
Psicologa, Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale. Iscritta all’Ordine degli Psicologi della Regione Lazio dal 17/09/2012 n. 19457. Esperta in psicopatologia dell’apprendimento e delle dipendenze. Negli anni ha maturato una esperienza clinica sia in ambito pubblico che in strutture private. Attualmente svolge attività clinica con pazienti adulti occupandosi prevalentemente di disturbi d’ansia, disturbi depressivi e disturbi di personalità. Per l’età evolutiva il suo lavoro si concentra prevalentemente sugli aspetti di  valutazione, diagnosi e trattamento dei disturbi cognitivi, dei disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e delle problematiche associate, quali difficoltà comportamentali, emotive e relazionali. Si è interessata a progetti di prevenzione di disagio durante l’infanzia e l’adolescenza sia a carattere regionale che per il Ministero della Pubblica Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR). E’ inoltre Terapeuta EMDR di primo livello.

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